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Il gusto e i profumi del mistero di Maria

​di Maria Gloria Riva

Gerard David ci permette di entrare indisturbati nella casa di Maria, carpendo qualcosa dei segreti di colei che più di tutti conobbe Gesù nel suo sviluppo umano. C’è aria di pace nella stanza, una finestra aperta racconta la quotidianità di un villaggio nordico dove tutto trascorre lentamente, come il nuotare di due cigni in acque limpide. La Madre tiene fra le braccia il suo divin Figlio e affonda il cucchiaio nella ciotola della pappa. Il Bambino non pare molto interessato al cibo, si trastulla piuttosto con un cucchiaio tenuto in mano alla rovescia. L’impaccio con il quale adopera l’utensile esprime la verità della crescita umana di Gesù e l’adempimento pieno delle parole di Isaia (7,15): «Egli mangerà panna e miele finché non imparerà a rigettare il male e a scegliere il bene». Del resto anche Maria incarna perfettamente le profezie del profeta (Is 7,14): «La vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele». Ella infatti, da un lato indossa un velo trasparente che, coprendole il capo, la denuncia come donna sposata e, quindi, madre del bimbo che tiene fra le braccia; d’altro canto porta i capelli sciolti come conveniva a una vergine. Sulla tavola accanto alla ciotola colma di porridge, cibo nordico a base, appunto, di avena, latte e miele, vediamo un pane, rimando all’Eucaristia, una mela e un coltello. Sul davanzale riposano oggetti quotidiani: un cesto per il cucito, una borsa e il Libro per eccellenza, la Scrittura. Alle spalle della Vergine Madre notiamo una brocca e un vasetto di fiori, bianchi, rossi e viola.
La casualità di questi elementi è solo apparente: il loro simbolismo, infatti, rivela l’identità della Madre e del Bambino. Maria è la nuova Eva che, col frutto del suo grembo, cura le ferite prodotte dalla disobbedienza dei progenitori di cui la mela, bacata dal verme del peccato, e il coltello sono simbolo. Cristo è il nuovo Adamo, il suo sacrificio darà all’uomo un cibo eterno, frutto della vittoria sulla morte. Alla sofferenza di Gesù alludono i fiori disposti nel vaso: il garofano e l’aquilegia rimandano al sangue della Passione e all’amarezza della croce, così pure la lunaria, il cui frutto, secco e argentato, è noto come i “denari di Giuda”.
La cesta del cucito evoca l’annuncio che la Vergine, secondo un’antica tradizione, ricevette mentre cuciva la tenda del Tempio di Gerusalemme. È Cristo il vero tempio, che compie tutti i sacrifici prescritti nella Torah. Egli è l’agnello che, nell’opacità della carne, splende di luce: la sua nudità lo denuncia come vero Adamo. Sarà questa carne, dunque, in tutto simile alla nostra, frutto di un parto verginale, a risorgere per la nostra salvezza. Nel Nord Europa una delle “prove” della maternità verginale di Maria stava nel fatto che lei non avesse latte; per questo la Vergine nutre il figlio col porridge. La Madonna guarda il movimento dei piedi di Gesù: nella naturalezza del gesto di un infante si nasconde già l’impeto, la volontà di lasciare la dolcezza del grembo materno per salire sulla croce e compiere la nostra Salvezza. Gerard David apparteneva alla confraternita della Madonna dell’Albero Secco, fondata da Filippo il Buono, duca di Borgogna, i cui membri erano particolarmente devoti al mistero dell’Immacolata Concezione. Nell’intimità semplice dell’ambiente domestico si rivelano dunque, grazie al simbolismo degli elementi, le verità teologiche della nostra fede e la sua semplice bellezza.