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Il Paradiso ritrovato di Schumann è una grande orchestra

​È sogno e poesia, incubo e dramma l’oratorio Das Paradies und die Peri di Robert Schumann (1810-1856). Storia di redenzione e purificazione, si tratta di una partitura di grande impatto emotivo e forte temperie romantica, ultimata nel 1843 ed eseguita a Lipsia sotto la direzione dell’autore, con enorme successo. Ma la sua creazione coincide con i primi sintomi della malattia che avrebbe poi portato il compositore alla morte prematura in un ospedale psichiatrico.
Il libretto in lingua tedesca, approntato dal musicista e da Emil Flechsig, è tratto dal poema epico in inglese Lalla Rookh di Thomas Moore, a sua volta ispirato a racconti della mitologia persiana dove si narrano le vicende della Peri, creatura angelica che, allontanata dal Paradiso, ne tenta in ogni modo la riconquista, cercando di riscattarsi offrendo in dono ciò che è più caro al Cielo. Dopo aver raccolto l’ultima goccia di sangue di un giovane combattente morto per l’indipendenza del suo popolo e l’estremo alito di vita di una fanciulla che si è sacrificata per il suo innamorato ammalato di peste, vi riuscirà soltanto portando in pegno le lacrime di un violento bandito che si commuove e si pente di fronte alla purezza e all’innocenza di un bimbo inginocchiato in preghiera.
Das Paradies und die Peri è un lavoro controverso, a tratti insoluto, carico di simbolismo onirico ed esotismo mistico, che l’artista considerava «un nuovo genere musicale per la sala da concerto». In effetti non è facile per noi ascoltatori del terzo millennio ravvisare tutta la carica di innovativa originalità di un’opera attraverso cui Schumann, il “pellegrino dell’Assoluto”, ci invita a scoprire un versante meno conosciuto e frequentato della sua produzione: quello che lo allontana dai percorsi creativi consacrati al proprio strumento prediletto, il pianoforte, per avvicinarlo alle potenzialità espressive della voce umana, senza per questo rinunciare alle colonne portanti sopra le quali ha forgiato la cifra stilistica del suo linguaggio musicale.
Un idioma che qui si avvicina spesso a quello dell’universo pittorico, come testimoniano le descrizioni sonore del deserto egiziano o dello scontro tra gli eserciti di giannizzeri, ma che si trasfigura anche nell’afflato lirico che caratterizza gli interventi solistici della Peri o il maestoso episodio conclusivo affidato agli spiriti beati («Benvenuta, benvenuta tra le anime pie! Tu hai lottato senza posa e ora hai conquistato il bene prezioso! A te il nostro benvenuto, a te il nostro saluto!»).
Continui spunti di inventiva melodica e ricchezza armonica attraversano i grandiosi affreschi sinfonico-corali di questo oratorio, a cui il compositore ha affidato le riflessioni e le tensioni che non riusciva a comunicare in “altro” modo, appunto. Quella urgenza di travalicare i propri orizzonti creativi ed espressivi che, in un momento cruciale della sua carriera, ha infatti portato Schumann ad ammettere: «Ho la tentazione di distruggere il mio pianoforte: è diventato troppo piccolo per contenere le mie idee».
• Invito all’ascolto. Robert Schumann: Das Paradies und die Peri: The Monteverdi Choir, Orchestre Révolutionnaire et Romantique, John Eliot Gardiner (Archiv/Universal); London Symphony Orchestra & Chorus, Simon Rattle (LSO Live/Sound and Music).
di Andrea Milanesi