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È la festa che ci rende uomini

La gratuità del rito e il senso del Natale nell’inedito del grande scrittore inglese

​G.K. Chesterton
Il Natale è stato al centro di innumerevoli controversie e ha la fortuna di essere stato salvato più volte dai suoi nemici. Infatti, come molte altre belle realtà, ha sofferto di più per la freddezza dei suoi amici scettici che non per il calore dei suoi nemici fanatici. Il fanatismo dei suoi detrattori ha solo incoraggiato il fedele alla sfida e ha confermato l’importanza del rito; al contrario, trasformandolo in una routine, il Natale rischia veramente di scomparire. Il rito è l’esatto opposto della routine. Il mondo moderno è fuori strada perché è caduto sempre più nella routine. L’essenza del vero rito sta nel compiere qualcosa di significativo: può sembrare rigido, lento o cerimonioso nella forma perché dipende dalla natura artistica che assume. Ma viene celebrato in quanto ha un significato. L’essenza della routine sta invece nella sua insignificanza. Colui che celebra il rito è consapevole di ciò che sta facendo. Invece il lavoratore costretto alla catena di montaggio non conosce ciò che sta facendo. Forse è un vantaggio il fatto che compia tali noiose mansioni in modo così distaccato; ma si può discutere se tale ripetitività sia un bene per il mondo del lavoro. Forse è un bene, per chi lo apprezza, che il lavoro sia così inconsapevole, forse è un bene che si diventi come degli animali o degli automi. Ma tutto cambia se qualcuno agisce in conformità a determinate idee, anche se le consideriamo antiquate. Tutto cambia se qualcuno professa l’arte sacra e solenne del mimo, anche se non ci piace la mimica. Il principio dei rituali antichi è quello di compiere gesti inutili ma che significano qualcosa. Il principio della routine moderna è quello di fare cose utili, come se non significassero nulla.
Si dice spesso che le modalità della festività natalizia nacquero nell’antico mondo pagano e furono tramandate al nostro nuovo mondo pagano. Ma ognuno, sia un nuovo o un antico pagano o persino (le vie del Signore sono infinite) un cristiano, rispetta questa significativa pantomima così come si rispetta ogni rituale cristiano. Il professore di etnologia potrà attribuire la tradizione del vischio ai Druidi o a Baldr [la divinità nordica del Sole, ndt]. Ma deve riconoscere che certe cerimonie venivano sempre celebrate con il vischio e anche l’etnologia ammetterà che persino alcuni professori le hanno celebrate così. Il critico musicale o lo studente di storia dell’armonia potrà paragonare la qualità delle antiche carole a quella delle canzoni moderne. Ma dovrà acconsentire che pure nei tempi più remoti i bambini iniziavano a cantare le carole natalizie durante il periodo dell’Avvento. Come tutti i bambini sono al passo coi tempi e non intoneranno di certo le carole di Natale in una notte di mezza estate. In breve, se qualcuno osserva ancora le tradizioni natalizie sa che sono caratterizzate da un preciso rituale legato al succedersi del tempo e delle stagioni.
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