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uomo scopri il creato

Dai grandi miti al Cantico delle Creature, dal terrore per la forza degli elementi allo stupore

​La sensibilità al paesaggio che Percy Shelley manifesta in questi versi è sintomatica dell’emotività romantica, a sua volta esito finale di un processo durato circa tre secoli durante il quale gli europei sembrano aver preso coscienza della natura che li circonda. Prima dell’età moderna le descrizioni paesaggistiche scarseggiano. Il paesaggio così come lo intendiamo è un portato della cultura moderna: il latino antico e medievale non contemplano una parola che possa rendere tale concetto. L’introduzione delle rappresentazioni paesaggistiche con toni naturalistici all’interno delle raffigurazioni pittoriche è un tema che si è cominciato a studiare da un po’ di anni a questa parte; è con la seconda metà del XV secolo che se ne coglie l’importanza crescente, in pittori come Piero della Francesca e Leonardo da Vinci per l’Italia, negli acquerelli di Dürer in Germania, nel Rinascimento fiammingo, per poi diffondersi ovunque nel corso del Cinquecento. È vero però che Henry Thode e Giovanni Gentile hanno fatto risalire questa nuova sensibilità a Francesco d’Assisi: il che significa che è stata la necessità di difendersi dal catarismo – che vedeva tutta la natura come materia, quindi come male – a fondare il Rinascimento.
Nel mondo antico, dal quale l’Occidente ha ereditato alcuni tratti, la concezione della natura e del paesaggio sono presenti almeno in due modi: o legati alla mitologia, come parte della creazione degli dei, oppure come realtà a se stanti (almeno in apparenza), come si può discernere per esempio nelle liriche di Saffo. Nel mondo romano, la rappresentazione vivida della natura è presente in molti mosaici, come quelli di Pompei ed Ercolano. È anzi nel contatto più stretto fra Rinascimento e mondo classico che si può vedere una delle ragioni per la riscoperta del paesaggio nell’arte del Quattrocento; insieme, però, alla nascita di una nuova epistemologia, più attenta al dato reale, che vediamo svilupparsi già a partire dal Duecento, sia pure in modo graduale. Gli affreschi, solo in parte conservati, del Palazzo dei Papi di Avignone ne sono forse la principale testimonianza. Che significato dare a questa constatazione? Gli europei dei secoli precedenti non vedevano forse il paesaggio? Certamente sì, ma tendevano ad attribuirgli molta minore importanza di quanto non facciamo noi: mentre oggi tendiamo a vedere la bellezza della natura e ad attribuirle un valore positivo, in passato se ne temevano invece l’imprevedibilità e la potenza distruttrice. Inoltre, il paesaggio naturale non era avvertito come un fattore degno d’esser narrato per sé, ma veniva percepito come uno sfondo rispetto ad altri elementi: il paesaggio umano, quello animale, le merci, le risorse, i costumi.

di Franco Cardini