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Paradossale modernità

La nuova età dell’uomo si affacciò alla Storia proclamando la rottura con il passato, ma al tempo stesso cercando di recuperare la gloria classica: dall’antroponcentrismo egemonico alla rappresentazione della corporeità come gloria di Dio

Ritratto di Giovanni Pico della Mirandola (XV secolo), olio su tela, particolare. Bergamo, Accademia Carrara (DeA/Alinari).(Mondadori Portfolio/Akg Images).

Ritratto di Giovanni Pico della Mirandola (XV secolo), olio su tela, particolare. Bergamo, Accademia Carrara (DeA/Alinari).(Mondadori Portfolio/Akg Images).

Con il Rinascimento comincia, nel consueto lessico storico e nella mentalità diffusa, anche l’Età Moderna: e, con essa, la Modernità con le sue principali caratteristiche, cioè il primato dell’individualismo e dell’economia, il processo di secolarizzazione e – grazie alla scienza e alla tecnologia – l’egemonia dell’Europa qualificata dalla sua volontà di potenza su un mondo non più "a compartimenti stagni". Con la Modernità, e l’economia-mondo che ne è espressione e motore, nasce appunto l’Occidente moderno che attiva, egemonizzandola, la dinamica della globalizzazione, gestendola secondo i principi e le necessità di una Weltanschauung di segno prometeico e faustiano: cambiare, distruggere, ricostruire, scoprire, inventare, progredire, guadagnare, dominare. È, questa, l’"eccezione occidentale" che ha conquistato e cambiato il mondo, in quanto ha introdotto nella storia due essenziali e rivoluzionarie novità che l’hanno distinta da tutte le società tradizionali: primo, la negazione progressiva di qualunque senso all’universo e alla vita, accompagnata dal parallelo emergere di una visione invece teleologica della storia; secondo, l’inversione del rapporto tra produzione e consumo. Mentre per qualunque altra civiltà (e per quella stessa nostra, prima di una fase di mutamento avviata sul piano economico-tecnico tra XII e XIII secolo, primo fondamento – cronologicamente parlando – della Modernità) la produzione dipende dal consumo e ne segue i ritmi, il mondo euro-occidentale elabora il rovesciamento dei rapporti, consistente nella dipendenza del consumo dalla produzione. Ciò significa che, dal XII-XIII secolo in poi, la produzione dei beni in Europa occidentale (allora principalmente prodotti tessili) è progressivamente cresciuta obbligando i consumi ad adeguarsi. Se, fino ad allora, si produceva al fine di consumare i prodotti, ora l’intreccio di economia, tecnologia e finanza finalizzato al conseguimento di un sempre maggiore guadagno obbliga a consumare sempre di più per poter produrre sempre di più. Tale dinamica costringe l’Europa a conquistare il mondo e ad assoggettarlo al sistema dello scambio asimmetrico, in forza del quale importa materie prime e forza-lavoro ed esporta prodotti finiti e sistemi politico-economico-culturali, aggiudicandosi con la forza il diritto di stabilire ritmi, modi e costi sia dell’importazione, sia dell’esportazione.
 
La Modernità rappresenta una vera e propria rivoluzione che ha cambiato il volto del pianeta; a sua volta, essa ha potuto affermarsi soltanto relativizzando la fede religiosa e, progressivamente, sancendo l’autonomia delle sfere politica, economica, giuridica e tecnologica rispetto a essa fino a proporne (con la Riforma protestante) l’isolamento della persona nell’esclusiva sfera della coscienza individuale.
 
testo di Franco Cardini