Paradossale modernità
La nuova età dell’uomo si affacciò alla Storia
proclamando la rottura con il passato, ma al tempo stesso
cercando di recuperare la gloria classica:
dall’antroponcentrismo egemonico alla rappresentazione
della corporeità come gloria di Dio
Ritratto di Giovanni Pico della Mirandola (XV secolo), olio su tela, particolare. Bergamo, Accademia Carrara (DeA/Alinari).(Mondadori Portfolio/Akg Images).
Michelangelo, Schizzo preparatorio per il Giudizio universale nella Cappella Sistina (1535 circa), matita su carta. Firenze, Casa Buonarroti (Alinari).
Giuseppe Rossi, Veduta del Circo e della Rocca Paolina
(1850), olio su tela. Perugia, Galleria Nazionale dell’Umbria
(Mondadori Portfolio).
Sebastiano del Piombo, Cristoforo Colombo (1519), olio su tela, particolare. New York, Metropolitan Museum of Art
(Mondadori Portfolio/Akg Images)
Con il Rinascimento comincia, nel consueto lessico storico e nella mentalità diffusa, anche l’Età Moderna: e, con essa, la Modernità con le sue principali caratteristiche, cioè il primato dell’individualismo e dell’economia, il processo di secolarizzazione e – grazie alla scienza e alla tecnologia – l’egemonia dell’Europa qualificata dalla sua volontà di potenza su un mondo non più "a compartimenti stagni". Con la Modernità, e l’economia-mondo che ne è espressione e motore, nasce appunto l’Occidente moderno che attiva, egemonizzandola, la dinamica della globalizzazione, gestendola secondo i principi e le necessità di una Weltanschauung
di segno prometeico e faustiano: cambiare, distruggere, ricostruire, scoprire, inventare, progredire, guadagnare, dominare. È, questa, l’"eccezione occidentale" che ha conquistato e cambiato il mondo, in quanto ha introdotto nella storia due essenziali e rivoluzionarie novità che l’hanno distinta da tutte le società tradizionali: primo, la negazione progressiva di qualunque senso all’universo e alla vita, accompagnata dal parallelo emergere di una visione invece teleologica della storia; secondo, l’inversione del rapporto tra produzione e consumo. Mentre per qualunque altra civiltà (e per quella stessa nostra, prima di una fase di mutamento avviata sul piano economico-tecnico tra XII e XIII secolo, primo fondamento – cronologicamente parlando – della Modernità) la produzione dipende dal consumo e ne segue i ritmi, il mondo euro-occidentale elabora il rovesciamento dei rapporti, consistente nella dipendenza del consumo dalla produzione. Ciò significa che, dal XII-XIII secolo in poi, la produzione dei beni in Europa occidentale (allora principalmente prodotti tessili) è progressivamente cresciuta obbligando i consumi ad adeguarsi. Se, fino ad allora, si produceva al fine di consumare i prodotti, ora l’intreccio di economia, tecnologia e finanza finalizzato al conseguimento di un sempre maggiore guadagno obbliga a consumare sempre di più per poter produrre sempre di più. Tale dinamica costringe l’Europa a conquistare il mondo e ad assoggettarlo al sistema dello scambio asimmetrico, in forza del quale importa materie prime e forza-lavoro ed esporta prodotti finiti e sistemi politico-economico-culturali, aggiudicandosi con la forza il diritto di stabilire ritmi, modi e costi sia dell’importazione, sia dell’esportazione.
La Modernità rappresenta una vera e propria rivoluzione che ha cambiato il volto del pianeta; a sua volta, essa ha potuto affermarsi soltanto relativizzando la fede religiosa e, progressivamente, sancendo l’autonomia delle sfere politica, economica, giuridica e tecnologica rispetto a essa fino a proporne (con la Riforma protestante) l’isolamento della persona nell’esclusiva sfera della coscienza individuale.
testo di Franco Cardini