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Sulle strade dell’Etiopia

Costruita dagli italiani, l’ormai disastrata carrozzabile che da Addis Abeba porta in Somalia oggi è il crocevia dei drammi e delle speranze del più antico Stato africano

I facoltosi clienti che affollano il bar dell’hotel Hilton di Addis Abeba.

I facoltosi clienti che affollano il bar dell’hotel Hilton di Addis Abeba.

​Il cammino ha inizio quando la luce benedice la strada. All’alba, a Bahar Dar, la chiesa di San Giorgio è circondata da fantasmi velati di bianco. Sono decine, pregano silenziosi accanto agli alberi, rivolti verso il luogo sacro. «Pregano affinché vengano esauditi i loro desideri», spiega Tesfu Gesese, 27 anni. «In fondo a che serve parlare di sogni, se non li puoi realizzare... Meglio pregare». Tesfu guida una piccola imbarcazione chiamata Yekatit, accompagna i turisti in visita ai monasteri sulle isole del Lago Tana, nel cuore dell’Etiopia settentrionale, quella più intrisa di cristianesimo ortodosso. A fianco del timone, tra una foto della pop star locale Teddy Afro e una del leader Meles Zenawi, deceduto improvvisamente il 20 agosto 2012, trovano spazio due santini. «È a loro che racconto i miei sogni, sono gli unici che li possono esaudire». I volti di Gesù e della Madonna sono ovunque in Etiopia, un Paese dove molte strade non sono asfaltate eppure – andando avanti in nome di Dio – ogni mezzo chilometro incontri una chiesa. A Bahar Dar, a Gondar e in quel paradiso di tufo rosso vulcanico scolpito che è Lalibela. Così, chiacchierando fra un caffè al sapore di incenso – lo si brucia per cacciare gli spiriti maligni – e il suono del masinko (una sorta di violoncello) che accompagna ovunque i menestrelli, i sogni di Hilmaryam (24 anni, accompagna i turisti alle cascate del Nilo Azzurro) si mescolano a quelli di Tegegne, 38 anni, l’artista di acquerelli che da Lalibela sogna le gallerie londinesi.
 
Addis Abeba non è Londra e quando ci arrivi in macchina, oggi, colpisce più la miseria dei mendicanti che lo sfarzo dei palazzi in costruzione. Ma per questa capitale di quattro milioni di abitanti (in gran parte di etnia amara) la direzione è segnata: è quella dello sviluppo a due cifre. La città a 2500 metri sul livello del mare è un cantiere a cielo aperto che parla perlopiù cinese, simbolo di un Paese – con i suoi ottantasei milioni di abitanti è il secondo più popoloso dell’Africa – che negli ultimi dieci anni ha avuto tassi di crescita economica record, tra l’otto e il dieci per cento. Da vera tigre africana......
 
di Alessandro Gandolfi