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Sulle strade del cuore e del mondo

Da Abramo, un vecchio che cammina come un giovane, ai viaggiatori per i quali la casa è il cammino stesso

​Credo sia stato Albert Camus a dire che la questione più pressante del nostro tempo è, per l’uomo, scoprire dov’è la sua casa. Idea in apparenza strana, poiché la maggior parte di noi non deve domandarsi da che parte girarsi quando il crepuscolo cade. C’è una rotta che torniamo a battere giorno dopo giorno senza particolari esitazioni, tra fatica e speranza, attraversando le pareti del tempo: è questa la via di casa. Ognuno di noi effettua, anche senza apposite riflessioni, traiettorie e rituali che sono tutti suoi: la strada che sceglie per il ritorno (sempre la stessa, o sempre diversa); il gesto familiare con cui gira, ogni giorno, la chiave; il modo (più lento, o più improvviso) di aprire la porta; quella frazione di secondo assolutamente marcante, prima di pronunciare la prima parola, in cui tutta la casa ci sembra venire incontro, trafelata o nel più puro riposo.
Che cosa avrà voluto dire Camus quando scrisse: «Ognuno deve scoprire la propria casa»? Penso che la frase nasconda una sfida più essenziale: ogni persona non ha soltanto il compito di scoprire un’abitazione. Ciascuno ha l’insopprimibile dovere di scoprire, vivendo con passione e sapienza la costruzione di sé, questo processo che, per definizione, è aperto e che va concretizzandosi lungo l’esistenza. Siamo noi la nostra casa. E poterlo dire con semplicità e verità equivale a perpetuare ciò che ha inoltre scritto Albert Camus: «Nel bel mezzo dell’inverno, / ho scoperto che vi era in me / un’invincibile estate».
Il cammino è la nostra casa
Torno spesso sulla poesia di Thomas Stearns Eliot che dice:
I vecchi dovrebbero essere esploratori
[…]
Muovere ancora e ancora verso un’altra
   intensità
per una unione più compiuta,
 una più profonda comunione
[…]
Nella mia fine è il mio principio.
«I vecchi dovrebbero essere esploratori». Per quanto incredibile possa sembrare, è questo che la Storia della Salvezza ci insegna, nel suo costituirsi come una chiamata permanente all’avventura e come antidoto all’immobilismo e al desistere. Nel suo insieme, la Bibbia conta più primavere che autunni, e alcune sono ben tardive e inattese. «Effonderò il mio spirito sopra ogni uomo e diverranno profeti i vostri figli e le vostre figlie; i vostri anziani faranno sogni», scrive il profeta Gioele (3,1). È possibile, per gli anziani, avere sogni? Normalmente si pensa che i sogni appartengano alla prima tappa della vita: in seguito, siamo condannati a sommare preoccupazioni, prudenze e timori.
 
di José Tolentino Mendonça