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Steve McCurry, volti all’orizzonte

Il suo abbraccio all’umano e al mondo diventa il nostro abbraccio, il suo sguardo personale diventa universale

​Giovanni Gazzaneo. Foto di Steva McCurry


Ha sete di orizzonti Steve McCurry. E i suoi orizzonti più belli sono gli occhi di chi ritrae. Sono il vertice della sua ricerca: occhi di bimbi, occhi di adulti, di vecchi... Il suo sguardo mite coglie lo sguardo di chi incontra e ce lo offre come il dono più prezioso. Quegli sguardi non li ha catturati, non sono frutto di felice casualità, nascono da una relazione, da un guardarsi reciproco. E non temono l’obiettivo: si offrono non come ci si offre a uno specchio, in un gioco di finzioni, ma in tutta la loro verità semplice e profonda insieme. Sguardi di figlia, sguardi di amante, sguardi di padre… Sono occhi timidi, antichi, orgogliosi, pieni di gioia o carichi di lacrime, di nostalgia. In quegli occhi scorre tutta la vita. E tutti guardano Steve, a lui si offrono e si consegnano. L’intensità degli occhi che McCurry ritrae è l’intensità di una vita vera.
Fotografare è una sfida, perché non c’è bisogno di una maschera per essere mascherati. I suoi sono volti non maschere. Certo, sceglie la luce, il taglio, lo sfondo, non per creare qualcosa che non c’è, ma per liberare l’espressione più autentica, la bellezza nella sua naturale semplicità. C’è una fiducia in chi è ritratto, e c’è la fiducia di chi ritrae perché McCurry ha una fiducia immensa negli uomini, in chi abita questo meraviglioso e travagliato pianeta. Lui è una finestra aperta sul mondo perché il mondo è la sua casa e la sua avventura. Steve non si fa giudice, nel suo bagaglio di reporter non c’è posto per il pregiudizio. Ecco perché le sue immagini sono più forti della violenza, della miseria, dell’ingiustizia e travalicano confini, fisici e culturali. La pace che si respira negli scatti del fotografo più famoso del nostro tempo nasce dalla sua straordinaria capacità di cogliere la dignità di chi ritrae. In ogni foto c’è una persona che diventa nostro prossimo, e lo sentiamo vicino anche se vive a migliaiadi chilometri da noi, parla una lingua sconosciuta, mangia cibi per noi improbabili e abita in una capanna o in una bidonville.
È un testimone McCurry. Ritrae spesso un’umanità ai margini della storia, sempre attratto da Paesi e popoli che non trovano spazio nei media e nel web dei padroni del mondo, e li riscatta con la potenza iconica delle sue immagini.
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