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Se colore fa rima con amore

A Padova la rassegna internazionale di illustrazione "I colori del sacro" ha per tema il corpo

​di Andrea Nante
Sono convinto che per vivere insieme in questo mondo, sempre più sottoposto alle fluttuazioni sociali, alle migrazioni di popoli, alla comunicazione globalizzata, sia necessario cercare le cose che ci accomunano prima di quelle che ci dividono, e questo per un dialogo costruttivo, per un’autentica condivisione e un sereno confronto. Corretta informazione, proposte culturali e interventi educativi fin dall’infanzia ne sono strumenti indispensabili. È per questo che dal 2002 la Chiesa di Padova con il Museo Diocesano organizza ogni due anni la rassegna internazionale di illustrazione “I colori del sacro” che, di volta in volta, esplora un tema scelto per il suo significato universale, attraversando le tradizioni che caratterizzano ogni cultura e i valori dell’essere umano. In un primo momento la mostra si è rivolta ai più piccoli, ma grazie al potenziale comunicativo dell’illustrazione si è aperta a un pubblico indifferenziato. Le immagini degli artisti sono veicoli di conoscenza, confronto e dialogo. Stili e linguaggi diversi raccontano storie, esperienze e sentimenti che ogni visitatore “completa” con il proprio vissuto.
La nona edizione ha un tema solo apparentemente scontato: il corpo. Cosa intendiamo per “corpo” e che cosa rappresenta per noi? È soltanto ciò che vediamo riflesso nello specchio? O una macchina molto complessa? Un corpo è molto più di centomila miliardi di cellule e l’originalità di ciascuno supera il dato scientifico. In Occidente, una tradizione ancora viva ha alimentato il dualismo tra corpo e anima prima, tra corpo e mente poi, facendoci dimenticare che ciascuno è unità, che in sé racchiude spazio, tempo, crescita, desiderio, respiro, emozione, pensiero, azione, e perciò relazione con il mondo. Per questa edizione abbiamo immaginato un percorso che racconti il corpo come dimensione centrale della vita, dalla più elementare esperienza di sé, all’apertura verso ciò che è altro da sé, attraversando il cambiamento e l’esperienza del limite fino ad abbracciare l’eternità. E il linguaggio dell’arte oltrepassa l’oggettività tentando nuove modalità descrittive. L’uomo colore ideato da Martin Jarrie, scelto come immagine della mostra, esemplifica la meravigliosa, sconfinata complessità della vita, racchiusa in quella realtà apparentemente limitata – ma aperta all’infinito – che chiamiamo corpo.