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Santa Maria della Scala la cura nell’anima di Siena

Dal 1193 al 1993 l’Ospedale di Santa Maria della Scala è stato il cuore della città toscana

​Massimo Lippi


Come una sposa ornata e splendente per il suo sposo, pronta alle mistiche nozze, così è nato l’Ospedale di Santa Maria della Scala a Siena nel 1193, a opera dei Canonici del Duomo. La Carità alberga in collo alla Fede, come un bimbo svezzato in collo a sua madre si nutre della Beata Speranza e si espande come vite rigogliosa in mezzo alle spine del mondo. Mille anni di storia vissuti in un batter d’occhio ad albergare pellegrini, a curare i poveri, a ospitare gli stranieri di ogni patria e nazione, a lenire il dolore dei malati, dei poveri e di tutti i bisognosi. Xenodochio è parola greca e significa “alloggio per i forestieri”, ma il Santa Maria della Scala è nato perché nessuno si sentisse solo e straniero su questa terra. Averne di questi santi fondatori nel cuor di pandemia! Il rettore faceva voto di povertà e in modo spicciativo era lui stesso un malato d’amore per il prossimo, anche quello mai visto prima. In un crescendo virtuoso di opere di carità, ispirate dall’amore di Dio, inventarono una nuovissima economia politica capace di rendere viva e operante la disciplina dei talenti della parabola evangelica. Misero dunque a frutto anche le terre boschive strappandole all’invadente selva d’ombre che impediva al sole di maturare il grano. Terre che in quel tempo erano davvero ostili e scoscese, balzane, che saltellavano aride fulminate dall’afrore dell’assenzio. Terre che vanno ancora e sempre verso il mattino, verso oriente, come fossero all’obbedienza mite di un giudizioso rastrello che, invisibile, le pettina giro-giro ai poggi calvi, spiumati d’erbe. Infine, il paesaggio muove giù verso l’orizzonte di Cetona, di Radicofani e del trasparente, ceruleo Mont’Amiata, ultimo sipario del vento prima del porto del mar di Talamone.
Questo è un dono che procede dalla Bellezza Eterna, ma è anche l’uomo che vuole completare quanto resta da fare per corrispondere alla sua vocazione di custode del Creato. Si potrebbe dire che il merito della pervasiva scienza dell’amore, che organizza la speranza e trasforma la terra in un giardino, è già una profezia che si avvera, perché è il talento ricevuto in dono, e con ingegno e fatica è stato raddoppiato. Dallo Spedale, dal Pellegrinaio, dalla Casa dei poveri, trasvola nella storia della città e del suo vasto territorio questo messaggio altissimo mai più raggiunto dai senesi. I servi non sono più tali se partecipano del bene comune che vedono rifiorire nel cuore della loro città e delle loro campagne. Siena la traguardavano dai campi, la sentivano celebrata nei santi e negli artisti.
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