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Rosso, giallo, blu, simboli in festa

Dai canoni medievali alla teoria cromatica di Goethe, alle ideologie moderne: i colori del bene e del male, del vero e del falso, nelle diverse civiltà

​Il mistero nella natura e nella nostra vita comincia da subito. Crediamo di sapere tante cose, eppure ci sorprendiamo a ignorare le più vicine a noi, le basilari. Non c’è ad esempio nulla di più difficile di fornire una definizione (e peggio ancora una spiegazione) di un fenomeno immediato e basilare come la luce. E, nella nostra esperienza, la luce si esprime in termini di colori: la luce è il colore, s’identifica praticamente con esso. Eppure anche l’assenza di luce o la sua eccessiva intensità sono per noi causa di altrettante sensazioni cromatiche: il nero, il rosso, il bianco.
 
Fornire dei colori una definizione obiettiva riesce pertanto arduo. Nei nostri dizionari, nelle nostre enciclopedie, se ne sottolinea difatti il carattere soggettivo, come “qualità associata dall’osservatore a un fascio di luce che colpisce il suo occhio”. Ma tale qualità, percepita dal singolo, è drammaticamente incomunicabile agli altri: nessuno di noi può essere certo che i suoi interlocutori, se egli nomina loro un qualunque colore, una qualunque luce, una qualunque tinta, percepiscano e intendano la stessa cosa che percepisce e intende lui. Chi può dirci che cosa ciascuno di noi intende concretamente con termini come “rosso” o “verde”? Chi può aiutarci a districarci nel lessico delle intensità e delle sfumature cromatiche, dei colori tradizionali e di quelli nuovi? Il nostro disorientamento nei confronti delle indicazioni che ci rimandano ai colori fucsia, malva o pervinca non è peraltro minore di quella di chi, affrontando un testo medievale, deve cogliere la differenza tra il viridis e il subviridis; o di quella che debba giudicare il punto cromatico esatto nel quale il rosso diviene rossastro o decidere sulle gradazioni e le sfumature che dall’azzurro cielo conducono all’azzurro mare e all’azzurro notte......
 
di Franco Cardini