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Raffaello il maestro dei maestri

​Più ancora dell’inafferrabile Leonardo, più ancora di Michelangelo “l’oscuro”, con i quali costituisce la vertiginosa triade della “grande maniera”, vetta insuperabile secondo Vasari di una secolare civiltà artistica, Raffaello è l’artista che, per i “colleghi” e per il popolo, incarna la perfezione. Il “divin pittore” è morto all’improvviso, il 6 aprile di cinquecento anni fa, a soli 37 anni. Al multiforme ingegno di Raffaello “sole delle arti” è dedicato il numero monografico di Luoghi dell’Infinito, il mensile di arte, cultura e itinerari in edicola da martedì 3 marzo con il quotidiano “Avvenire”.   I due editoriali propongono una doppia visione di Raffaello: la direttrice dei Musei Vaticani Barbara Jatta invita a incontrare il Sanzio attraverso le opere da lui realizzate nel Palazzo Apostolico, e le tele custodite nella Pinacoteca Vaticana; lo scultore e poeta Massimo Lippi si sofferma sulla scintilla divina nel genio del Rinascimento. Sono solo le prime di una serie di firme prestigiose che fanno di Luoghi 248 un numero da collezione. Apre la monografia Stefano Zuffi che ricostruisce i primi passi del giovanissimo Raffaello tra Montefeltro, Umbria e Marche. Segue un testo di Antonio Natali, che traccia un ritratto di Firenze negli anni in cui il maestro visse, tra il 1504 e il 1508, una vera e propria “nuova Atene” per la vivacità del dibattito artistico, culturale e politico. Gianfranco Ravasi affronta il tema di Raffaello umanista e teologo: dal cartone per la Scuola di Atene alla Trasfigurazione. Il lato filosofico del Sanzio è invece esplorato da Sergio Givone, che analizza la Stanza della Segnatura,  celebrazione delle nozze tra cultura antica e cristiana. Le Madonne di Raffaello, una più bella e celebre dell’altra, sono al centro della riflessione di Timothy Verdon, a cui segue l’architettura dell’Urbinate raccontata da Paolo Portoghesi. Raffaello ebbe anche un ruolo centrale nella storia di quelli che secoli dopo sarebbero stati chiamati “beni culturali”: come spiega Maria Antonietta Crippa, nel 1515 fu infatti nominato da Leone X “ispettore generale delle belle arti”, con il compito di tutelare e restaurare i monumenti antichi. D’altronde, come osserva Franco Cardini, quelli vissuti da Raffaello furono anni sì di bellezza ma anche di guerra e violenza. La grandezza di Raffaello si estende ben al di là dei confini italiani o temporali del Rinascimento. Irene Baldriga ricostruisce la fitta rete di rapporti, tra dare e avere, del Sanzio con la pittura dell’Europa del Nord. Elena Pontiggia ha invece il compito di seguire la traccia di Raffaello oltre la sua vita terrena nella schiera di allievi e collaboratori che, a partire da Giulio Romano, hanno segnato la storia dell’arte del XVI secolo. Ma il mito di Raffaello non ha mai conosciuto tramonto: Alessandro Beltrami racconta la fortuna e le molteplici interpretazioni del “divin pittore” dal Seicento fino alle soglie del Novecento.