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Modì e i maledetti. Parigi a Milano

A Palazzo Reale la Collezione Netter fa rivivere gli inizi Novecento a Montmartre e Montparnasse

Amedeo Modigliani, Ritratto di Zborowski (1916), olio su tela

Amedeo Modigliani, Ritratto di Zborowski (1916), olio su tela

​Rue Lepic è una via piccola e stretta che sale alla Butte, la collina dove, secondo la leggenda, furono decapitati san Dionigi e i suoi compagni. Al numero 54 aveva abitato Van Gogh. Quando Amedeo Modigliani arrivò a Parigi, nei primi mesi del 1906, la basilica del Sacro Cuore – simbolo dell’ex voto del 1870, maturato dopo la sconfitta contro i prussiani e l’esperienza anticristiana della Comune, e della sottoscrizione nazionale – stava per essere ultimata. Tanti artisti avevano salito e disceso la piccola strada: Corot, Renoir, Toulouse-Lautrec. Alla fine della curva sorge ancora oggi il Moulin de la Galette, con la sala da ballo che tutti frequentavano; il mulino risaliva al Seicento. Arrivavano lì per mangiare da mère Catherine, per dipingere, dormire, parlare. Dopo qualche anno scelsero Montparnasse e si trasferirono al di là della Senna.
Montmartre e Montparnasse se li contendono, se li scambiano. Antiche colline coperte dal manto lento della storia, Montmartre e Montparnasse si fronteggiano, regni di sovrani distinti. Trentamila artisti occupavano la città, assicurava Anselmo Bucci, trentamila artisti che vagavano tra una riva e l’altra (“l’esercito di Annibale”) cercando di lavorare e di esistere. «Chi non ha veduto la metropoli francese in quell’ora non può farsi un concetto esatto della realtà – annotava Carlo Carrà –. Nessuna descrizione, per quanto accurata, potrebbe rendere le mie impressioni»......
 
di Beatrice Buscaroli