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Meraviglie di una Toscana inattesa

Il lato nascosto della regione dei tanti tesori negli scatti in bianco e nero di Marco Paoli

​Andrea Semplici
Non sono stato il solo a pensare che i bianco e neri di Marco Paoli e le parole della poetessa Alba Donati fossero un’attesa. Ho sfogliato, con lentezza, questo Hallelujah di fotografie e versi, di immagini e poesie, e, senza volerlo, senza desiderarlo, ho pensato a un mondo in attesa. Ho pensato che statue, sale abbandonate, sottotetti, parchi, prigioni di manicomi, chiese in rovina, graffi sui muri, cimiteri solitari, stessero semplicemente aspettando. Come sempre, come è inevitabile. Mi è venuto in soccorso Mimmo Jodice, fotografo della perfezione del paesaggio, citato, proprio all’ultima pagina del libro, dalla storica dell’arte Marcella Cangioli: «Siamo sempre in attesa, in verità, di qualcosa di buono o di cattivo, non so, ma certo vivere non è altro che attesa». Con un sorriso, ho anche pensato a qualcosa di molto più leggero: che questi luoghi, abbandonati, corrosi, usati dal tempo e dalla natura, queste statue trasformate da muschi e licheni fossero semplicemente in attesa di un uomo con macchina fotografica, treppiede e pazienza. Le statue, le cisterne, le mura, le colonne volevano continuare a esistere. Oltre i secoli. Oltre la loro vita. E hanno affidato speranze all’infinito della fotografia.
Marco Paoli, strano fotografo, i suoi obiettivi vedono cose che altri non riescono a vedere, ha girato il mondo (questo lo si scrive sempre nelle microbiografie). Io l’ho incontrato fra gli alberi dell’Etiopia. E ho visto quel Paese con altri occhi.
Siamo entrambi toscani. Abbiamo due terre in comune: quell’altopiano africano e questa Toscana fuori dalla leggenda. Già, Marco ha dedicato due anni del suo mestiere e delle sue emozioni a scansare la “Toscana del Mito”, ha disatteso i suggerimenti di chi non riesce a staccare lo sguardo dalle meraviglie bellissime e abusate di questa regione. Ha cercato altrove, nemmeno troppo lontano dai monumenti più celebri, ha scelto guide d’eccezione, due ragazze, Marcella e Carlotta, esploratrici di luoghi nascosti, ha indagato per suo conto e ha avuto fortuna. Ha passato il suo tempo in una Toscana che aspettava solo che qualcuno entrasse, con gentilezza, nel sottotetto della basilica di San Marco a Firenze; che dormisse nelle celle nude del carcere di Pianosa; che camminasse con il cuore in mano negli stanzoni del manicomio di Volterra o in quello di Maggiano, vicino a Lucca; che scendesse nel buio delle miniere di rame di Montecatini Val di Cecina; che uscisse all’aperto e si sdraiasse nei boschi del Casentino o, con l’anima colma di memoria civile, rimanesse in piedi sugli argini del padule di Fucecchio per poi, finalmente, fermarsi su una spiaggia dalla quale si scorge la piramide dell’irraggiungibile isola di Montecristo. È un periplo toscano, questo andare con la macchina fotografica.