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Macchiaioli, i colori delle radici

A Padova una mostra racconta i pittori del Caffé Michelangelo dal punto di vista dei loro primi e principali collezionisti

​Elena Pontiggia

Anche l’arte ha bisogno di apostoli o, almeno, di amici. Ha bisogno cioè di qualcuno che comprenda, diffonda e aiuti concretamente gli artisti, soprattutto se questi fanno parte di una tendenza nuova (ma in realtà tutti gli artisti creano una visione nuova, altrimenti sono epigoni).
È da questo concetto che muove la straordinaria mostra, aperta a Padova a Palazzo Zabarella, “I macchiaioli. Capolavori dell’Italia che risorge”, che comprende oltre cento opere. Sembrava difficile rinnovare un tema oggetto di tanti studi e di tante rassegne, e invece la rassegna padovana, curata da Giuliano Matteucci e Fernando Mazzocca, ci riesce, modificando il punto di vista e facendoci conoscere il movimento toscano attraverso i suoi primi e i suoi maggiori collezionisti.
Ecco dunque Diego Martelli (Firenze 1839-1896), il critico d’arte che invitava tutti gli artisti del caffè Michelangelo – come erano chiamati i macchiaioli, dal nome del loro ritrovo fiorentino – nella sua casa affacciata sulla scogliera di Castiglioncello, che allora era un modesto villaggio di pescatori. E non solo: alla difesa e alla divulgazione della loro arte Martelli dedica tutta la vita.
Ecco il livornese Alvaro Angiolini (1899-1983), che non è stato un compagno di strada di Fattori e soci, ma li ha amati con passione. Angiolini era un ragazzo del ’99. Aveva avuto un’infanzia difficile, perché aveva perso la madre all’età di sei anni, ma dopo la Grande Guerra era riuscito con pochi mezzi a fondare l’industria grafica che portava il suo nome. Una sezione della mostra padovana è dedicata alla sua raccolta che, come diceva lui, voleva esprimere il suo «attaccamento disinteressato, riverente e quasi filiale ai grandi maestri dell’Ottocento toscano».
Ecco Ugo Ojetti, il potente critico del “Corriere della Sera” negli anni Venti e Trenta. Amico di Signorini, nella sua casa del Salviatino verso Fiesole radunò importanti dipinti di Fattori e di Ghiglia, che tra l’altro dipinse nel 1908 il suo più intenso ritratto.
Il nome “macchiaioli” nasce, come accade spesso, con un significato spregiativo. Non è però sbagliato, perché i suoi esponenti amavano sfruttare i forti contrasti chiaroscurali, come si vede anche nell’immagine-guida della mostra: Al sole di Cabianca. Il movimento ha per protagonisti Fattori, Signorini, Lega e molti altri, tra cui Boldini e Zandomeneghi prima della loro partenza per Parigi, e si diffonde tra il 1855 e il 1870. Nasce dunque prima dell’impressionismo, anche se il mercato non se ne è accorto e gli italiani non hanno mai sfiorato le quotazioni milionarie dei francesi.
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