Luoghi dell' Infinito > L’orgoglio longobardo di Cividale

L’orgoglio longobardo di Cividale

Il borgo friulano fu la prima capitale del popolo guidato da re Alboino

​In una delle pagine più poetiche della Storia dei Longobardi – scritta alla fine dell’VIII secolo, quando ormai il regno era stato assorbito nell’Europa carolingia – Paolo Diacono rievoca il ritorno in Italia del suo avo Lopichis dopo il lungo periodo di cattività trascorso in Pannonia, dove era stato condotto prigioniero dopo una scorreria del bellicoso popolo degli Avari.
Guidato, come in una favola nordica, da un lupo e armato solo di arco e frecce, Lopichis affronta dure prove ed estenuanti fatiche, ma alla fine, stremato, giunge alla casa natale, che trova vuota e abbandonata, «tanto – annota Paolo Diacono – che non aveva più tetto, e dentro era piena di rovi e spini». All’interno era cresciuto anche un grande frassino, al quale Lopichis appende, novello Ulisse, la faretra. L’Itaca domestica da lui sognata e raggiunta era Cividale.
Tagliata in due dal corso del Natisone, che scorre in una profonda gola tra alte e ripide sponde prima di lambire la pianura raggiungendo Aquileia e il mare, Cividale, oggi tranquilla cittadina ai piedi delle Alpi Giulie, fu il primo centro abitato dai Longobardi. Gli uomini “dalle lunghe barbe”, guidati da re Alboino, vi giunsero nella primavera del 568, dilagando nella pianura friulana senza trovare vera opposizione, dopo la precipitosa fuga dalla Pannonia, dall’area prossima al lago Balaton minacciata da nuove pericolose invasioni. La popolazione italica locale era stremata dalla lunga guerra greco-gotica, e le difese bizantine rade e allentate. I Longobardi avevano già d’altra parte avuto una sommaria conoscenza dei luoghi, essendo stati assoldati pochi anni prima come mercenari da Bisanzio nell’estenuante guerra contro i Visigoti.
Cividale, dal latino “civitas”, città (termine che permarrà anche nella successiva denominazione, Civitas Austriae), rappresenta la città per antonomasia agli occhi di un popolo guerriero di lunga tradizione nomade, avvezzo ai pochi abitati sparsi e precari che ne avevano costellato la discesa dalle terre del nord, lungo il corso dell’Elba e del Danubio, fino all’attuale Ungheria, dove avevano sostato per circa un secolo.
Il municipio romano, denominato Forum Iulii, mercato di Giulio Cesare, era col tempo cresciuto d’importanza, soprattutto nell’età delle migrazioni, sino a ospitare il governatore della provincia Venetia et Histria. Re Alboino vi fece tappa prima di proseguire un viaggio che l’avrebbe portato a Verona, prima capitale del regno, e vi lasciò il nipote Gisulfo, nominato duca (da “dux”, capo militare, da cui deriva anche il termine “doge”), primo dei diciotto duchi longobardi che vi risiedettero. Nel 1874 in piazza Paolo Diacono (curiosa coincidenza) venne ritrovato casualmente un sarcofago monolitico in pietra d’Istria con una deposizione maschile e un ricco corredo, che gli si è voluto attribuire sulla base di una scritta (Cisul) tracciata sul coperchio

di Roberto Cassanelli