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Le colonne dell’universo

Piedi in terra e testa in cielo, l’albero è simbolo mitico universale: dalle saghe nordiche all’Asia di Marco Polo

​Tra tutti i simboli usati nei sistemi mitico-religiosi per indicare valori intensi e profondi, l’albero è uno dei più importanti e comuni. Data la sua si può dire onnipresenza, esso può essere annoverato tra tutti quelli che ben rappresentano la categoria solitamente denominata “universale”: ciò anche data la generale diffusione di essenze vegetali (arbusti, cespugli, piante e così via) che in qualche modo all’albero possono venire associate tipologicamente e che, nei millenni, hanno consentito l’impiantarsi attorno a loro di miti o di leggende che per più versi richiamano all’essere umano e ai suoi rapporti con la natura, e che sovente giungono allo scambio metamorfico, indice di un’occulta “fratellanza” tra alberi ed esseri umani. È il complesso mitologico ricreato da John R.R. Tolkien che, nella sua celebre saga-capolavoro Il Signore degli Anelli ha saputo genialmente reinterpretare un archetipo profondo con il suo personaggio di Barbalbero e i suoi simili, gli “Ent”, giganteschi uomini-albero la funzione dei quali è l’essere “pastori di alberi”, guardiani e custodi di una natura amica degli esseri buoni e avversa alle forze oscure del Male. L’albero, che ha radici nell’umido sottosuolo, tronco a fior di terra e rami, foglie, fiori e frutti protesi verso il cielo – mentre le belle forme e i vividi colori dei fiori e dei frutti stessi richiamano il fuoco, il sole e gli astri – è di per se stesso un perfetto simbolo cosmico, che partecipa di tutti gli elementi aristotelico-empedoclei (terra, acqua, aria, fuoco, quintessenza eterea), è esso stesso un perfetto cosmo. Dà ricetto a ogni genere di animali, soprattutto agli uccelli che in molte mitologie sono sapienti, parlano un linguaggio divino e sono in grado (come nel mito nibelungico di Sigfrido) di predire il destino degli uomini. Nei miti indiani, poi passati all’Islam e testimoniati dallo stesso Marco Polo, esistono alberi che possono produrre, come fiori e frutti, anche stelle o svariati animali o teste umane. Sempre attestato in area brahmanico-induista è il mito degli alberi Asvattha, i quali sono “alberi cosmici” – simbolo dell’ordine dell’universo – che si presentano rovesciati: hanno cioè radici protese verso l’alto, come se traessero dal cielo e dalla luce i propri alimenti vitali, e chioma diffusa a contatto con la terra. Tale tipo di “albero divino” è conosciuto anche da Dante, che ne utilizza l’immagine nel Purgatorio.
 
di Franco Cardini