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La nave fantasma del palcoscenico

Sui teatri italiani è sceso il buio, nonostante siano sicuri La politica li pensa tempo libero, invece sono necessari

​Roberto Mussapi

Luce sul teatro: un attore vagamente simile a Salvo Randone, chino nell’oscurità quasi totale, come un personaggio di Shakespeare, certo non una commedia, tragica e drammatica è l’espressione del suo volto. Solo uno spot, in alto. Poi, altra fotografia, un teatro vuoto visto dal palco, le luci illuminano solo gallerie e la scena, creano ombre come accade sempre in teatro, prima che appaiano fantasmi, e che divengano persone. Ma qui l’attesa è immobile, la fotografia la rivela nella sua fissità che pare perenne. No, nulla si sta per muovere tra quelle ombre, Godot non verrà... Ma questo si sa, Godot, nel capolavoro di Beckett, non arriva mai: però è sempre atteso, può sempre venire, l’apparizione, l’epifania sono desiderate, propiziate, invocate, tragicamente, ma anche con un certo, in fondo rassicurante, umorismo. Qui no, vuoto, e a questa fotografia segue un’altra che mostra, circondati dal buio, attori seduti al suolo, un po’ abbandonati e un po’ ancora in attesa... paiono marinai di una nave fantasma, abbandonata, quale appare – in Benito Cereno, uno straordinario romanzo breve di Melville – al capitano americano Amasa Delano, che l’avvista, la raggiunge, sale a bordo e sulla tolda deserta vede la figura scheletrica e piegata del capitano Benito Cereno: capitano spodestato e febbricitante di una nave dannata, in mano a schiavi che si sono ribellati, una nave che non potrà più gonfiare le vele al vento, e la cui polena è stata spezzata.
Sì, penso a questi teatri vuoti o popolati da pochi attori simili a marinai impossibilitati ad agire, come a una nave bloccata dalla bonaccia, paralizzata da assenza di vento, che è anima. La nave che Melville in Benito Cereno descrive come un teatro deserto o quella che nella Ballata del vecchio marinaio di Coleridge si rivela un palco bloccato dalla bonaccia in un mare caliginoso, dove i marinai sono immobili, disanimati. Per bonaccia, che è mancanza di vento, vento che è anima. Il teatro è anche questo, una nave mossa dal vento, un’avventura per mari sconosciuti verso terre ignote; e non a caso Shakespeare ne ha creato lo spirito guida in un demone del vento, leggero, aereo e volante, Ariel.
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