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La formula della bellezza

I numeri sono la lingua dell’universo. Ma non ogni cosa può essere calcolata...

​Nel 1202 il pisano Leonardo Fibonacci pubblica la prima edizione del monumentale Liber Abaci, o Libro dell’aritmetica, denso di regole per il calcolo di radicali quadratici e cubici, di criteri di divisibilità e di problemi svariatissimi di carattere pratico e mercantile. Da ragazzino Leonardo aveva trascorso alcuni anni a Bugia, nell’odierna Algeria, dove il padre, facoltoso mercante e rappresentante dei commercianti della Repubblica di Pisa, lo aveva avviato allo studio delle tecniche aritmetiche che gli Arabi avevano importato dall’India e stavano diffondendo nel mondo musulmano. Col suo manuale, a sua volta, Fibonacci esportò questa nuova matematica in Italia e di qui in Europa: matematica utilissima nei commerci per la conversione da una valuta all’altra o da una misura lineare o di capacità all’altra, in un mondo dove le unità di misura variavano di città in città e dove i calcoli erano resi difficili dalla farraginosa notazione romana basata sulle lettere.L’aritmetica indiana adottata dagli Arabi aveva su quella classica alcuni vantaggi decisivi: ricorreva alla base dieci, dunque a pochi segni per indicare le cifre; adottava lo zero, che sorprendentemente i Greci non avevano scoperto; infine impiegava la notazione posizionale, per cui una cifra indicava le unità, le decine, le centinaia e così via a seconda della posizione che occupava in seno al numero. Tutto ovvio per noi, ma a quel tempo si trattò di una vera e propria rivoluzione che incontrò molte resistenze: a Firenze l’aritmetica araba non fu accettata fino alla fine del Quattrocento. Questa nuova notazione permise il grande sviluppo dell’algebra, e in genere della matematica, prima in Italia e poi in Europa.
Il Liber Abaci è un compendio di regole pratiche, in cui i numeri hanno una funzione strumentale, di calcolo e di misurazione ed è il punto di arrivo di una tradizione di lunga data che ha le radici in Cina e in India e che contempla metodi di far di conto ormai dimenticati a favore di impostazioni successive, forse più semplici ma non necessariamente più ingegnose. Nella storia del numero e delle regole di calcolo si alternano permanenza e oblio di conoscenze, consapevolezza della loro importanza e disinteresse per le loro potenzialità, il che sembra avvalorare il carattere sociale e culturale della matematica nel suo farsi: in questo senso i numeri sono un prodotto culturale, più che qualcosa avente un solido fondamento ontologico.
 
di Giuseppe O. Longo