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La chiave del codice Genesi

L’avventura della Creazione: le parole e i significati, oltre i luoghi comuni, dei primi tre capitoli della Bibbia

​Nell’assemblea di fedeli riuniti nel tempio di Gerusalemme si fece silenzio.
Un solista si alzò e intonò il “Grande Hallel”, cioè la Lode per eccellenza rivolta al Dio del cosmo e della storia. Era quello che poi sarebbe stato numerato come il Salmo 136: «Lodate il Signore: egli è buono! / I cieli ha fatto con sapienza, / la terra ha stabilito sulle acque, / ha fatto le grandi luci: / il sole a reggere i giorni, / la luna e le stelle a reggere la notte…!».
Il popolo a ogni verso ripeteva un’antifona: kî le‘olam hasdô, «perché eterno è il suo amore!».
In quei versi del solista e nell’acclamazione corale era sintetizzato uno degli articoli fondamentali della fede biblica, quello della creazione come opera divina, posta bereshît, cioè “in principio”, alle sorgenti dell’essere. E bereshît è la prima parola del primo versetto del primo capitolo del primo libro della Bibbia, quello che il popolo ebraico chiama semplicemente Bereshît e che noi, sulla scia dell’antica traduzione greca delle Sacre Scritture ebraiche (detta “dei Settanta”, dal leggendario numero dei traduttori), denominiamo Genesi.
È curioso notare che, in apertura al terzo millennio, di fronte al rischio di estinzione di un numero enorme di lingue diffuse attualmente nel mondo, una fondazione di San Francisco in California ha lanciato il “Progetto Rosetta”, evidente allusione alla stele che consentì di decifrare i geroglifici: si tratta di un disco di nickel, racchiuso in una sfera di cristallo resistentissimo, che contiene – tradotti in mille lingue – proprio i primi tre capitoli della Genesi. Sarà come un simbolo per conservare nei secoli futuri una piccola porzione del testo tradotto nel maggior numero di lingue esistenti e scomparse, cioè la Bibbia.
Noi ora ci dedicheremo all’analisi proprio di quei tre primi capitoli che, purtroppo, hanno dovuto spesso sopportare letture fondamentaliste oppure interpretazioni ironiche e persino banali. Il rischio dell’incomprensione è, infatti, in agguato. Sarà, allora, indispensabile dichiarare subito la vera qualità delle pagine che ora esamineremo.
Esse non sono scritti scientifici ma sapienziali: non si interessano tanto su quanto sia accaduto alla genesi del cosmo e dell’uomo ma sul senso radicale che l’essere e l’umanità recano iscritto al loro interno. La navigazione avviene, dunque, in un piccolo mare letterario che apparentemente sembra raffigurare le origini fisiche dell’essere creato; in realtà siamo immersi in un oceano teologico ove si rivelano le origini metafisiche della creazione.
di Gianfranco Ravasi