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L'architettura e lo spirito di Francesco d'Assisi

Dal Velo della Veronica alle tele di Rouault: la storia dell’arte cristiana nasce dall’amore per la prima immagine di Gesù

Maria Gloria Riva
Duemila anni di storia raccontano quanto la fede generi bellezza. Fin dentro il segreto delle catacombe, tra lo sconcerto e la paura, le lectiones divinae visive dei primi cristiani hanno generato simboli e archetipi che, radicati entro l’esperienza del Primo Testamento, si arricchivano del sensus plenior delle Scritture che Cristo aveva rivelato. Certamente però, in un contesto culturale dove riprodurre la figura umana era una bestemmia, qualcosa di grande e di inusitato deve aver spinto i primi cristiani a tratteggiare Adamo, Eva, Abramo, Mosè, Gesù... La cultura ebraica non era estranea alla bellezza, tuttavia: poiché l’uomo è vera immagine di Dio, raffigurarlo era considerato riduttivo e blasfemo, era violazione del mistero stesso di Dio.
Nella fede cristiana, dove è dunque la sorgente dell’amore per l’immagine? Dov’è quella spinta profonda a difendere le immagini, che ha generato una lotta iconoclasta durata diversi secoli?
La sorgente è la Veronica con il suo Mandylion, oppure il misterioso telo sindonico che era esposto in situazioni e contesti particolari: sorgente è quella imago Dei che veniva gelosamente custodita e protetta da sguardi indiscreti.
Vuole la leggenda che, durante la lotta contro le immagini, il telo con il Santo Volto fosse stato nascosto entro una parete e protetto da una tegola. Quando le acque si calmarono, i cristiani andarono a recuperare la preziosa reliquia e si accorsero che la tegola protettiva recava l’impronta del volto. L’eterno era divenuto misurabile, era nato l’archetipo, il Keramion, il canone del volto di Cristo. Canone che passò di bocca in bocca, di bottega in bottega, e che permise la rappresentazione di volti di Cristo sempre diversi eppure sempre uguali. Penso alla bella Veronica presente in un telero del nostro monastero. In questo ex convento dei Cappuccini, adagiato lungo la vecchia via Emilia e sorto in un tempo di pellegrinaggi verso i luoghi santi e i Sacri Monti – luoghi in cui si riproponeva il mistero del Calvario –, i frati vollero raffigurare nel loro refettorio l’incontro fra Cristo e la Veronica. Qui santa Berenice, vero nome della Veronica secondo la tradizione, indossa i panni di Veronica Giuliani, mistica cappuccina innamorata del Crocifisso, che mostra estatica il suo Mandylion con impressa miracolosamente l’immagine di Cristo.
Cambiano gli artisti, passano i secoli e le generazioni, eppure il Volto di Cristo è sempre riconoscibile, fra mille e mille, direbbe la sposa del Cantico dei Cantici. Una bella mostra del gesuita Heinrich Pfeiffer, a Manoppello, ricostruisce la straordinaria storia del Keramion, di questa matrice che ha permesso a tantissime immagini di Cristo di mantenere identici, nei secoli, i punti di contatto con il volto del Salvatore.

 

L'architettura e lo spirito di Francesco d'Assisi

Maria Antonietta Crippa
Leggere i momenti di grande arte, non nella loro autonomia estetica ma collegati all’esperienza di fede e di santità che ne sono l’origine, è rivivere nello stupore la trama dei rapporti umani che li hanno promossi, fino a noi. L’architettura, in particolare, grazie al proprio corporeo carattere spazio temporale, ci coinvolge in un’affettiva convivenza con fondatori e custodi di luoghi generati dalla fede, rendendoceli familiari.
Fra i molti esempi che possono essere richiamati, soffermarsi su quelli legati alla vita e alla memoria di san Francesco d’Assisi ha oggi particolare importanza. La continua esplorazione del senso della vita di questo grande santo, in libri e film in particolare, ha inquieta vivacità che non può dirsi non occasionale. Lo stesso nome che l’attuale papa si è dato e il suo insistito richiamo alla povertà segnalano che l’insegnamento più profondo del santo assisiate deve essere ancora compreso, benché paradossalmente già ovunque se ne ammirino le scelte radicali.
La bellezza dei luoghi di questo straordinario testimone vibra, se ascoltata, di un’inquietudine salutare che dovrebbe scuoterci. Nei piccoli edifici sacri di San Damiano e della Porziuncola, ora inglobata nella vasta chiesa di Santa Maria degli Angeli, gli studiosi hanno riconosciuto tracce del suo concreto “restauro” in obbedienza all’indicazione divina: accogliamo, da tempo, tali atti anche come segno premonitore di un “restauro” vasto e profondo riguardante il mondo cristiano, la Chiesa nel suo insieme, perché torni a splendere nei suoi tratti più autentici. Ma è importante non dimenticare la concreta cura che Francesco ha coltivato per le chiese.
Vive di devozione, nel ricordo delle stimmate ricevute nel 1224 da Francesco, il santuario della Verna, in provincia di Arezzo, composto da cappelle e luoghi di preghiera e meditazione. Saliti alla cima del monte Penna a 1.128 metri, attraversando un bosco rude e monumentale di faggi e abeti, ci si trova immersi in un piccolo villaggio organizzato attorno a un vasto piazzale lastricato, detto Quadrante, dal quale nei pressi di un’alta croce lo sguardo si apre sulla valle del Casentino.
Attorno al primo nucleo eremitico, risalente al santo e comprendente anche la piccola cappella di Santa Maria degli Angioli, si sono via via organizzati gli altri poli devozionali, quasi tutti ornati soprattutto dalle celebri terrecotte invetriate dei Della Robbia: la cappella delle stimmate, cuore del santuario, in fondo all’omonimo corridoio; a metà di questo, l’accesso alla grotta dove Francesco riposava sulla terra nuda; la basilica maggiore dedicata all’Assunta, costruita tra XV e XVI secolo e più volte rimaneggiata, che ne custodisce il saio e altre reliquie. La semplicità rustica, non altisonante dell’insieme, l’accostamento quasi casuale dei volumi architettonici, il contrasto tra questi e il contesto naturale circostante, che doveva essere molto più accentuato nel passato, il movimento dei pellegrini sempre numerosi, a grappoli negli spazi di non grandi dimensioni, tutto concorre a restituire la percezione di un’affettuosa e dimessa presenza di un Francesco solidale con le domande di intercessione che gli vengono rivolte. Tutto è pervaso dalla bontà che è anche bellezza dei poveri, che si fidano di lui.