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Immagini del Maestro

Gesù è sempre sorprendente: è il primo rabbi a insegnare nelle strade, e sulla lingua della terra fonda le parabole

​Ermes Ronchi
«Più si risale alle fonti, più si è sempre nuovi. Più si risale alle fonti, che poi è il Cristo, il Vangelo, più diventi rivoluzionario, più diventi inquieto. E la vita diventa una sorpresa continua» (David Maria Turoldo). Il Vangelo è ancora capace di sorprese, con il suo alfabeto di simboli, di immagini e di situazioni che scompongono e ricompongono continuamente la nostra idea di Dio. Le fonti evangeliche si presentano come un archivio di metafore, allegorie, similitudini, parabole che fanno appello all’empatia e al coinvolgimento di chi ascolta. Il Maestro non vuole che i suoi siano passivi ascoltatori, ma pensatori e poeti della vita. Tra le immagini di Gesù hanno un posto rilevante le sue numerose autopresentazioni sotto forma di metafore: pastore, medico, maestro, sposo, seminatore, chioccia, vite, porta, strada, pane... In queste righe cercheremo di percorrere un’altra strada: evidenziare altre meno esplicite immagini di Gesù, descrizioni talvolta rimaste sottotraccia, sottintese e da far affiorare con cura dai racconti evangelici.
Gesù è il Maestro delle strade. La prima azione di Gesù riferita dal Vangelo di Marco è il suo mettersi in cammino: «E venne Gesù da Nazareth della Galilea al Giordano» (Mc 1,9). Entra in scena come viandante. Abbandona madre, famiglia, casa, lavoro, lascia il villaggio, non porta niente con sé. Per lui il centro è altrove, il centro è ai margini. Il partire iniziale di Gesù ci mostra, come ogni viaggio, che l’uomo è sbilanciato in avanti, attratto dal desiderio, in cerca della stella che ancora gli manca.
Gesù è il Maestro della terra. Gesù passava per le strade, osservava la vita, e nascevano parabole. Il Vangelo, in particolare il più antico, quello di Marco, riassume gran parte dell’insegnamento di Gesù in immagini di terra e di semi, dove i contadini si affaticano nell’arte di far nascere, fiorire, fruttificare. Il Maestro narratore di parabole usa sempre parole di casa, di orto, di lago, di strada, di vigne. Parole di tutti i giorni, dirette e immediate, storie di vita che lui fa diventare storie di Dio. In esse Gesù ci invita a chinarci verso la terra, come sapeva fare lui, come aveva fatto a ogni autunno e a ogni primavera, e osservare il mistero del germoglio e della vita, a «decifrare la nostra sacralità, esplorando quella del mondo» (Paul Ricoeur).