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Il ritmo dello spazio

Dal Partenone a Le Corbusier, passando per i cantieri medievali, la scienza delle proporzioni è il grande segreto della bellezza

​Gli architetti del secolo che da poco ci sta alle spalle hanno sognato a più riprese di collegare i propri progetti con misteriose e ancestrali modalità di costruzione, recuperando antichissime regole, geometriche e soprattutto numeriche, che scandivano la configurazione degli spazi abitati, persino al ritmo del tempo connesso alle fasi lunari e all’anno solare.Inseguivano l’intima esigenza di un’armonia, radicata nell’ordine cosmico come silenziosa musica universale, da riverberare nella loro composizione. Li attrasse in particolare il numero aureo, detto anche proporzione divina, sezione aurea, costante di Fidia (nome del grande scultore della Grecia classica), il phi greco, 1,6180339887...
In matematica individuato come numero irrazionale perché non si può esprimere con una frazione, è caratterizzato da infinite cifre, apparentemente casuali, dopo la virgola. È ottenuto mettendo in rapporto tra loro due segmenti di lunghezza diversa, il maggiore dei quali è medio proporzionale tra il minore e la somma dei due [(a+b):a=a:b].
Celebre e ripetutamente imitata è soprattutto la proposta di Le Corbusier (1887-1965) di un sistema numerico cui diede nome Modulor, da Module d’or, per descrivere «una gamma di misure armoniose per soddisfare la dimensione umana, applicabile universalmente all’architettura e alla meccanica». Lo mise a punto e lo presentò in due pubblicazioni, del 1948 e del 1955, utilizzando una serie numerica – inventata da un matematico italiano, Leonardo Fibonacci, vissuto tra XII e XIII secolo – fondata sul numero aureo. Lo utilizzò nella progettazione di molti suoi edifici, come la celebre Notre-Dame du Haut, a Ronchamp, alcuni insiemi monumentali di Chandigarh – città dell’India settentrionale di cui disegnò anche il piano urbanistico –, e l’Unité d’habitation di Marsiglia (che fece da modello ad altre quattro, realizzate a Rezé, Briey e Firminy, in Francia, e a Berlino), dove impresse, anche nel cemento di una parete, una versione del Modulor. Tra i molti che ripresero le sue indicazioni numeriche va ricordato almeno il comasco Giuseppe Terragni (1904-1943) e la sua Casa del Fascio di Como, divenuta riferimento per molte generazioni di architetti europei e americani.
 
di Maria Antonietta Crippa