Il poverello tra storia e leggenda
Francesco ha ispirato innumerevoli narrazioni e interpretazioni anche divergenti, perfino opposte. A partire dagli omaggi intensi e contrastanti di Dante e Giotto.
Maestro del San Francesco Bardi, San Francesco e storie della sua vita (1250-1270), tempera e oro su tavola. Firenze, Santa Croce
Giotto, Storie di san Francesco. Rinuncia ai beni terreni (1295-1299 circa), affresco, particolare. Assisi, Basilica superiore
Giotto, Storie di san Francesco. Cacciata dei diavoli da Arezzo (1295-1299 circa), affresco, particolare. Assisi, Basilica superiore
Giotto, Storie di san Francesco. Predica davanti a Onorio III (1295-1299 circa), affresco, particolare. Assisi, Basilica superiore
Giotto, Storie di san Francesco. San Francesco riceve le stigmate (1295-1299 circa), affresco, particolare. Assisi, Basilica superiore
la Porziuncola (IV secolo), interno. Assisi, basilica di Santa Maria degli Angeli
Assisi, chiesa di San Damiano (XII secolo)
Assisi, eremo delle Carceri (XIV-XV secolo)
Chiusi della Verna, santuario francescano (XIII-XVIII secolo): la cella di Francesco
Francesco d’Assisi è un po’ come Dante o come Shakespeare: più lo si studia e se ne approfondiscono la figura e il messaggio, più si complica e si dilata. Eppure, per la maggior parte di noi egli resterà per sempre quello dei Fioretti, il Francesco che parla con le tortore e con il lupo. E pensare che quella raccolta di aneddoti, a differenza di quello che pensano in tanti, non è affatto cronologicamente prossima alla vita del santo – si tratta della volgarizzazione tardo-trecentesca di un testo latino databile più o meno al secondo quarto di quel secolo, quindi molto tempo dopo la scomparsa del Poverello nel 1226 – e tantomeno è un testo “ingenuo” e “spontaneo”. Contrariamente a quel che è parso a chi è rimasto incantato dalla loro “freschezza”, si tratta di pagine “di parte” e sovente molto dure.
E la leggenda di frate Francesco non parte da lì: essa comincia molto presto, ben prima che “frate” Francesco divenisse nel 1228 “santo” Francesco, appena due anni dopo la morte e per volontà di Ugolino di Segni, che era stato a lungo il protettore dell’ordine francescano presso la Santa Sede e che frattanto era diventato cardinale vescovo di Ostia. Una “carriera” folgorante, dall’umile passaggio sulla nuda terra alla gloria degli altari e all’inumazione in un nuovo, grandissimo tempio espressamente elevato in suo onore: proprio per lui, che in vita non aveva mai consentito che si costruissero neppure umili chiesette nei conventi di quella sua fraternitas divenuta poi ordine, se non proprio contro, quanto meno al di là delle sue prospettive e del suo volere
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di Franco Cardini