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Il mistero del frutto proibito

Dal paradiso terrestre all’Apocalisse: quando il male si insinua nel rapporto tra Dio e l’uomo, fino alla “guerra del cielo”

Giuseppe Maria Crespi, Mosè mostra il serpente di bronzo agli Ebrei (1690), olio su tela

Giuseppe Maria Crespi, Mosè mostra il serpente di bronzo agli Ebrei (1690), olio su tela

​Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona (Gen 1,31). Con questa gioiosa esclamazione Dio pose il suo sigillo sull’intera creazione, ma soprattutto si compiacque per la sua creatura più bella: l’uomo, fatto a sua immagine e somiglianza. Così era “in principio”, quando Dio creò il cielo e la terra: bellezza, bontà e armonia. Ma in questa realtà così bella, ecco apparire all’improvviso – mistero insondabile! – la presenza del male, da cui scaturiscono l’odio, la violenza, le sopraffazioni e tutte quelle forze disgregatrici che generano terrore e angoscia. Mentre Adamo ed Eva in serena collaborazione compivano il lavoro di custodi del giardino, affidato loro da Dio, lo spirito del male, apparendo sotto forma di serpente, pose loro una domanda insidiosa allo scopo di seminare il dubbio e il sospetto nei loro cuori e così separarli dal Creatore: «È vero che Dio ha detto: “Non dovete mangiare di alcun albero del giardino?”. Rispose la donna: “Dei frutti degli alberi del giardino noi possiamo mangiare, ma del frutto dell’albero che sta in mezzo al giardino Dio ha detto: “Non dovete mangiarne e non lo dovete toccare, altrimenti morirete”. Ma il serpente disse alla donna: “Non morirete affatto! Anzi, Dio sa che il giorno in cui voi ne mangiaste si aprirebbero i vostri occhi e sareste come Dio, conoscendo il bene e il male”» (Gen 3,1-4).
 
Entrando in dialogo con il tentatore, Adamo ed Eva caddero tragicamente nel peccato di disobbedienza e di superbia, aspirando a diventare come Dio. La conseguenza della loro caduta coinvolse tutto il genere umano (cfr. Gen 3,1-13; 2Cor 11,3) e si riversò sull’intera creazione. Tutta la storia è segnata da quella colpa originale liberamente commessa dai nostri progenitori, che si lasciarono sedurre dal maligno. La Scrittura e la tradizione della Chiesa vedono in quella presenza cattiva un angelo caduto a causa della superbia; era l’angelo più bello, ma un’arrogante sete di autonomia lo spinse a ribellarsi a Dio; era Lucifero – “portatore della luce” – e diventò il principe delle tenebre, che, come «leone ruggente va in giro cercando chi divorare» (1Pt 5,8). Gli vengono dati tanti nomi, perché in tanti modi manifesta la sua presenza nefasta: è leviatan o serpente astuto, satana o diavolo, ossia l’accusatore, il calunniatore, l’avversario; è il bestemmiatore, il divisore, il menzognero, il tentatore…...
 
di Anna Maria Cànopi