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Il luogo dove il sacro

di ​Franco Cardini
I sistemi mitico-religiosi “immanenti”, o “religioni naturali”, hanno nel corpo umano, o in quello di vari animali, un costante riferimento nella rappresentazione della divinità, sovente raffigurata come “mostruosa” (vale a dire caratterizzata dalla compresenza di parti umane e di parti animali), secondo differenti codici simbolici. Nelle grandi mitologie antiche, come l’egizia o l’assiro-babilonese, le divinità hanno aspetto semiumano e semiferino. In quelle indiane, in quella greco-romana, in quella celtica e in quella germanica, vi sono dèi antropomorfi e dèi mostruosi, rappresentati però come umani nelle situazioni e nei sentimenti (concepimento, nascita, fanciullezza, maturità, vecchiaia, morte, nonché amore, odio, allegria, tristezza e così via).
Esistono anche “dèi viventi”, quali ad esempio – dall’antico Egitto al Giappone – i sovrani. Nel mondo egizio antico, la mummificazione è un sistema che ha lo scopo di perpetuare la vita nell’oltretomba, per cui il mantenimento della vita s’intende lungo quanto quello del corpo mummificato. Vi troviamo anche la concezione del “dio morto”, non solo “dio dei morti”, bensì divino cadavere, vivente egli stesso, Osiride. Sempre in Egitto, cielo e terra sono rappresentati come immense figure antropomorfe, l’unione sessuale delle quali genera il mondo.
La ierogamia babilonese, rito praticato in appositi templi, riveste analogo significato cosmo-genetico. Che il corpo del re sia di per se stesso immortale è un elemento che attraversa molte tradizioni, divenendo parte del complesso della “regalità sacra”.
D’altronde, l’aspirazione a conservare il corpo intatto si pone ab antiquo in rapporto con i concetti, variamente combinati, di sacrificio, morte, conservazione, dissoluzione, resurrezione o rivivificazione. Dietro le forme della sepoltura e dell’incinerazione, fin dalla preistoria si celano differenti concezioni della sopravvivenza e della trasformazione: la sepoltura del defunto in posizione fetale nel grembo della madre terra, spalmato d’ocra color sangue vitale, adombra la credenza che la morte corrisponda a una gestazione in vista di una nuova nascita.
Ma il corpo è, per la coscienza che lo abita, l’equivalente del cosmo: e la constatazione che esiste un più grande universo nel quale, appunto, i corpi si muovono e del quale essi fanno parte, sta forse alla base della teoria che si potrebbe definire del “corpo simmetrico”, che si rintraccia quanto meno in tutte le mitologie indoeuropee.