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Gesù risorto per amore

Cristo è risorto perché la sua vita è stata dono totale vissuto fino all’estremo

​Enzo Bianchi

Scriveva Massimo il Confessore, grande teologo bizantino del VII secolo: «Colui che conosce il mistero della resurrezione conosce il senso delle cose, conosce il fine per il quale Dio fin dall’in-principio creò tutto». Sulla scorta di questa penetrante osservazione che riguarda l’evento centrale del cristianesimo, il vero e proprio specifico della fede cristiana, è utile porsi una semplice domanda: perché Gesù è risorto da morte?
Sarebbe troppo sbrigativo rispondere che egli è risorto perché era Figlio di Dio, dunque ciò stava nell’ordine normale delle cose. Risposta vera ma parziale. D’altra parte, non è neppure sufficiente leggere la resurrezione come il miracolo dei miracoli: tale interpretazione contiene certamente una verità, perché la resurrezione è l’inaudito su questa terra, è ciò che contraddice la certezza universale secondo cui la morte è l’ultima parola sulla vita umana. Ma a mio avviso è ancora una spiegazione insufficiente…
Cerchiamo dunque di fare un percorso più approfondito. Nell’Antico Testamento la morte è il segno per eccellenza della fragilità umana. Ciascuno porta dentro di sé “il senso dell’eterno” (‘olam: Qo 3,11), l’ansia di eternità, e tuttavia è costretto a constatare l’inesorabile presenza della morte come ciò che contrasta fortemente la sua vita. Con uno sguardo naturalistico, si può anche ammettere che la finitezza umana sia in qualche modo una necessità biologica, come lo è per ogni creatura; ma tale giustificazione non spegne dentro di noi il sentimento che la morte, proprio perché non permette che qualcosa di noi rimanga per sempre, minaccia fortemente il senso della nostra vita: la morte è la somma ingiustizia! Ogni essere umano “sotto il sole” (direbbe Qohelet) trova senso nella misura in cui sa vivere dei gesti che restano nel tempo: ma se tutto passa, se tutto finisce con la morte, che senso ha la nostra esistenza?
Qui entra in gioco la riflessione umanissima che ogni uomo e ogni donna fanno da sempre e in tutte le culture: vivere è amare. Tutti gli esseri umani percepiscono che la realtà indegna della morte per eccellenza è l’amore. Quando infatti giungiamo a dire a qualcuno: «Ti amo», ciò equivale ad affermare: «Io voglio che tu viva per sempre». Può sembrare banale ripeterlo e tuttavia resta vero: la nostra vita trova senso solo nell’esperienza dell’amare e dell’essere amati, e tutti siamo alla ricerca di un amore con i tratti di eternità. Ebbene, la grazia di un libro come il Cantico dei cantici posto al cuore delle Sacre Scritture consiste proprio nel fatto che in esso si parla dall’inizio alla fine di amore, di amore umano.
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