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Finis Terrae, viaggio sulle soglie sacre del mondo

Da Capo Nord a Ushuaia alla Bretagna, tanti i “finis terrae” Spesso sono luoghi sacri, come Compostela o Santa Maria di Leuca

​Franco Cardini
Nel 1929 il regista francese Jean Epstein realizza il film espressionista Finis Terrae, dedicato alla comunità dei “goèmoniers”, gente di mare che abita l’isola di Ouessant, al largo della costa bretone, e vive della raccolta di “goèmon”: un’alga – il cui nome francese deriva dal celtico gwemon –, che si trova sulle coste dopo le imponenti maree dell’oceano, e che serviva per impieghi industriali. La Finis Terrae di Epstein metteva insieme un concetto geografico (la fine della terra abitata a confine con il mare) e uno antropologico-metaforico: la comunità dei “goèmoniers” vive ai limiti della civiltà, in balìa degli elementi. Il regista si era innamorato della selvaggia Bretagna nel 1911, quando l’aveva visitata per la prima volta, scoprendo un universo assai lontano dal resto della Francia. Con Finis Terrae, girato in presa diretta e all’aperto, realizzava a sua volta un’opera-limite per il cinema dell’epoca, immersa nella natura selvaggia e in condizioni meteorologiche impossibili.  La finis terrae ce la immaginiamo proprio così, anche se con questa definizione si indicano lande che non sono sempre una “fine del mondo” in senso più ampio e possono anzi essere ben più vicine e familiari. Per esempio, il “Finisterre italico” si trova a Santa Maria di Leuca, in Puglia. Indica l’ultimo lembo di terra prima del mare aperto: è opportuno ricordare che anche il Mediterraneo, non solo l’oceano, può essere un mare di tempeste. Per questo vi sorge il santuario di Santa Maria di Leuca de Finibus Terrae – detto anche Santa Maria di Casopoli –, su un luogo che in passato ospitava un santuario dedicato a Minerva, e che dalla fondazione raccoglie nei secoli gli ex-voto dei marinai. Da qui passava l’itinerario principale seguito dai pellegrini diretti in Terrasanta, che partivano da Venezia tra la Pasqua e l’agosto: all’andata costeggiava la costa settentrionale dell’Adriatico e quindi quella occidentale della Grecia fino alla Morea. Ma al ritorno si accostava piuttosto alla Puglia, e i pellegrini sovente scendevano dalle navi per visitare o raggiungere i prestigiosi santuari adriatici, incluso quello di Leuca. Da qui, allora, la definizione “de Finibus Terrae” che geograficamente dovrebbe piuttosto spettare a Capo d’Otranto. In Europa sono diversi i luoghi che prendono questo nome. In Bretagna, Finistère è ormai un Dipartimento regionale che fa capo a Brest. Pointe du Raz ne è il promontorio più occidentale: “raz” in bretone è una corrente, e infatti sul promontorio, alto più di settanta metri, si erge una statua dedicata a Notre-Dame-des-Naufrages (Nostra Signora dei Naufragi). Nell’Ottocento il luogo divenne celebre anche grazie a scrittori quali Victor Hugo e Gustave Flaubert, che lo visitarono e lo descrissero, o ancora Marcel Proust, che vi soggiornò nel 1895.