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Erice e Trapani, le città che si guardano

Attorno ai due centri della Sicilia occidentale, l’uno in cima a un monte l’altro aperto sul mare, ruota un patrimonio culturale e naturale unico

​C’era una volta una città posta sulla cima di un monte. Ma ai piedi di quel monte c’era il mare, e sul mare sorgeva il porto di quella città potente, dedito ad accogliere visitatori e commercianti da tutto il mondo. A poco a poco, però, il porto marino crebbe d’importanza e acquistò la propria indipendenza. Adesso le città erano due. Vicinissime, ma non sarebbero potute essere più diverse.
Pure in un’isola, la Sicilia, dove i riferimenti mitologici e classici sono ovunque e l’intreccio delle culture è stato continuo, visitare quest’angolo di paradiso offre sensazioni inedite. «Così allora, ripuntando la prora verso terra, passata l’isola della Colombara sulla manca, la distesa infinita di saline sulla dritta, a quadri cilestrini e rilucenti come lastre di cristallo, entrammo nel porto di quella città bianca, di marmore e di sale, di mura e bastioni, di torri e di molini, di cupole, di specole e pinnacoli, che al pari d’una palomba bianchissima, dalle radici dell’Erice impennato lunga si stende librandosi sul mare». Sono parole di Vincenzo Consolo, nel suo romanzo Retablo (1987), e delineano uno scenario eterno. L’imponente consistenza del monte San Giuliano, sulla cui cima sorge Erice, sovrasta il sottile promontorio su cui, tra due specchi di mare contrapposti, sorge la città vecchia di Trapani. Più in là, nella pianura, si susseguono come quadri incorniciati le innumerevoli saline, dove l’acqua riflette mille colori diversi – smeraldo, rosa, candido – a seconda dei giochi che l’azzurro del cielo combina con la concentrazione del sale. E i mulini a vento, sul bordo delle piscine, contribuiscono a creare un panorama irripetibile. Allungando lo sguardo le sorprese non finiscono: tra l’osservatore e il sole basso del tardo pomeriggio si stagliano le tre isole Egadi – Marettimo, la più lontana, è nascosta dietro le prime due e s’intravvede soltanto se la giornata è nitida –, e non si può non fermarsi ad aspettare il tramonto che sta per andare in scena tra Levanzo e Favignana. S’indovina anche, sulla sinistra, la costa sabbiosa che si stende per qualche chilometro fino all’inizio dello Stagnone, la laguna salmastra che protegge Mozia, insediamento fenicio dell’VIII secolo a.C. raggiungibile soltanto per via di mare. Di là si prosegue ancora a sud verso Marsala e Mazara, ma questa è un’altra storia.
Oggi si guardano dall’alto in basso, le due città: l’antica Erice che svetta lassù a ottocento metri sul livello del mare, e Trapani, il più grande centro di questa provincia siciliana. Il capoluogo beneficia tuttora dell’aver ospitato due tappe dell’America’s Cup di vela nel 2005. Tutto il mondo le ha viste, tutto il mondo se ne è innamorato, a partire dai velisti entusiasti dell’accoglienza. In quell’occasione fu messa mano al lungomare, al porto, alle fognature. Finito l’evento, qualcosa è rimasto: un luogo più vivo, più ordinato, più aperto ai visitatori, che se ci sono stati ci tornano volentieri. Passeggiando per le vie del centro storico è un susseguirsi di palazzetti nobiliari, portoni, facciate, a testimonianza di una storia dignitosa. E, a ogni poco, le splendide chiese: dalla severità trecentesca di Sant’Agostino all’orgoglioso barocco siciliano dei Gesuiti e di Santa Maria dell’Itria, alla cattedrale di San Lorenzo.

di Giuseppe Romano