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Deserti metropolitani

È un paradosso dell’età contemporanea: mai come oggi tanta popolazione vive in centri urbani, e mai come oggi tante città vengono abbandonate. Rinnovando un fenomeno millenario, da Teotihuacan ad Angkor

Kangbashi, Cina

Kangbashi, Cina

​Desolazione di geometrica orditura: un immenso silenzio attraversato da vestigia di epoche tramontate. Una maestosità tanto imponente quanto muta, dove le dimensioni ispirano soggezione e gli edifici in pietre squadrate danno il senso di una precisione ossessiva. Nella vastità degli spazi e nella profondità delle prospettive aleggia il mistero. Teotihuacan fu il centro di un potere immenso nei primi secoli dell’era cristiana, quando dominava l’America Centrale. Potrebbe aver avuto una popolazione di oltre duecentomila abitanti e dalla vasta pianura, non lontana da quel che è oggi Città del Messico, la sua influenza si estendeva sino all’Honduras attuale. Decadde nel VI secolo e la sua civiltà cessò tra il VII e l’VIII, ma la sua arte si ritrova mutuata dai popoli che le succedettero nel dominio della vasta regione, i Maya e gli Aztechi. Un incendio ne suggellò la fine: fu invasa, fu soverchiata, schiacciata manu militari?
 
Poiché furono distrutte solo le dimore dei ricchi e le loro statue, che si trovavano lungo l’ampio viale lastricato chiamato “dei morti” che innerva il sito, si suppone che possa essere caduta per una rivolta interna. I quartieri dei poveri sono ancora intatti: forse ve n’erano troppi, in una città che sembrerebbe essere stata ricca di attività mercantili. E restano le due grandi piramidi, del Sole e della Luna – alte oltre cinquanta metri e disposte lungo direttrici ortogonali –, e i tanti templi: degli Animali, dell’Agricoltura, di Quetzalcoatl, il dio serpente che anche gli Aztechi adoravano e che attendevano ritornasse dal mare. Non aveva mura a difesa, forse si riteneva troppo poderosa per essere attaccata. Ora restano le pietre lisce e ordinate, solenni e fredde. Nelle lunghe vie dove forse avanzavano ieratiche processioni, nelle piazze dove forse si svolgevano mercati e giochi, sulle gradinate dove forse salivano gli astrologi o le vittime dei sacrifici, oggi sciamano turisti affaticati. Teotihuacan è una città fantasma: gli archeologi la studiano e formulano ipotesi, ma la sua verità intera probabilmente non emergerà mai. Perché la vita delle città è quella dei loro abitanti. E quando da un centro urbano strutturato, ampio, integro, l’essere umano scompare, gli edifici perdono la loro ragion d’essere......
 
di Leonardo Servadio