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De Chirico e la gioia dell’Apocalisse

Nelle tavole del 1940 un approccio nuovo e sorprendente al testo giovanneo

Albrecht Dürer, Piccola passione xilografica. Il bacio di Giuda (1511), xilografia

Albrecht Dürer, Piccola passione xilografica. Il bacio di Giuda (1511), xilografia

​«In quella grande e strana casa che è l’Apocalisse […] io vado in giro incuriosito e felice, come il fanciullo, tra i suoi balocchi, nella notte di Natale», annotava Giorgio de Chirico nel 1941 in un testo dedicato a Raffaele Carrieri, il poeta che, nell’agosto del 1940, l’aveva invitato a confrontarsi con il testo giovanneo. Un approccio totalmente nuovo, e sorprendente negli esiti, rispetto a quello degli artisti che l’avevano preceduto. Esempio tra i più significativi della sua produzione che ha per soggetto l’evento cristiano.
De Chirico ha il coraggio di guardare alla visione di Giovanni – nonostante l’orizzonte oppresso dalla più terribile delle guerre – con gli occhi di un bambino che si affida totalmente alla bontà del Padre e alla tenerezza del Figlio nella notte di Betlemme. Ed ecco che l’immagine sacra trova una libertà travolgente: è speranza e insieme gioco, liturgia e palcoscenico. Tutto viene accolto e immaginato, tranne la paura e l’orrore dell’abisso. Non c’è irriverenza, ma la coscienza della misericordia. Scrive Elena Pontiggia in Giorgio de Chirico. Catalogo ragionato dell’opera sacra: «Quella serie apparentemente trascurabile (e dalla critica trascurata) di venti fogli, pubblicata a Milano dalle Edizioni della Chimera nel marzo 1941, porta un’innovazione iconografica profonda nella storia millenaria delle illustrazioni del libro giovanneo. Nessuno, da almeno mezzo millennio, aveva disegnato un’Apocalisse così poco apocalittica come De Chirico. E nessuno, forse, ne aveva raffigurato gli eventi con tanta tranquilla serenità, venata in alcune parti di un candore addirittura fanciullesco. Il libro sacro più misterioso e terribile, tradizionalmente interpretato come profezia della fine del mondo, anche se in realtà è più una meditazione sulla dolorosa storia dell’uomo che sul suo destino escatologico e culmina con la luce sfolgorante della Nuova Gerusalemme e col trionfo dell’Agnello. Le visionarie pagine giovannee, abitate da mostri e draghi, oscurate dalle tenebre dell’Anticristo e percorse dai flagelli orrendi dei Quattro Cavalieri, diventano in De Chirico un racconto fiabesco, insieme spontaneo e colto, soffuso in certi punti di un evangelico spirito d’infanzia, in altri di solenni accenti classici».
di Giovanni Gazzaneo
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