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Canto te, infinito albero

Poeti di ogni tempo sono stati affascinati da radici e fronde, capaci di legare terra e cielo

​L’albero, anzi, l’Albero, è all’origine della vita dell’uomo. Specifico dell’uomo perché la vita in assoluto, dopo le sue manifestazioni luminose e inaccessibili nel cosmo, si manifesta sul pianeta nell’Acqua, come narrarono subito i miti, le religioni e i poeti, e come scoprirà, dopo millenni, la scienza. Quando l’abitante del pianeta diviene infine uomo, l’albero, simbolico e religioso, è inscindibile dalla sua storia: collega la terra al cielo, le sue radici attingono al fondo misterioso e generante della terra, le sue fronde comunicano con lo spazio aereo del cielo abitato dal divino. L’albero accompagna l’esperienza dell’uomo sulla terra, sin dalle origini: è un albero, un tronco allora vivente, quello da cui Ulisse ricava il letto suo e della moglie Penelope, a significare che la loro unione matrimoniale non è casuale o effimera ma sacra, originaria.

Nell’Eneide la Sibilla di Cuma indica all’esule troiano l’accesso segreto al Ramo d’Oro che consente la conoscenza del regno ultraterreno. Quando Fetonte, nelle Metamorfosi di Ovidio, precipita nel Po dopo avere sghembato l’asse del mondo nella sua folle corsa in cielo, giungeranno le sue sorelle a piangerlo, e su quelle rive, dallo strazio, saranno mutate in piante. Dante riprenderà l’immagine e proietterà la natura dell’inferno in una selva, come una selva segna la rovina di Macbeth e, sempre in Shakespeare, un bosco fa nascere e svanire il magico Sogno di una notte di mezza estate. Il bosco è il luogo delle fiabe, dove ci si perde e si annida il pericolo, ma anche quello della delizia dell’uomo che, come insegna Henry David Thoreau, fugge dalla civiltà cercando lo spirito arcano della natura. Il fatto che da sempre i poeti parlino di alberi, è naturale......

 di Roberto Mussapi