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Cantare il corpo divino

Da Omero a Walt Whitman, la bellezza e l’intelligenza del corpo sono protagoniste della grande poesia

​di Roberto Mussapi
Il corpo è la realtà umana nel mondo. È anche realtà animale, poiché ogni abitante del pianeta ha un corpo. Dalle origini l’uomo vive l’esperienza spirituale attraverso il corpo: l’ominide è diventato eretto, non più quadrupede, chiamato verso l’orizzonte e l’alto… Il bipedismo è una conquista del corpo che si alza seguendo orizzonte e cielo.
Da sempre l’uomo si interroga sul corpo cercando l’anima: la morte, e il seppellimento dei morti, sono il passaggio in cui l’uomo si interroga se tutto con quel corpo, prima abbandonato alle bestie e alle intemperie, poi sepolto, o incenerito – come presso gli etruschi – si esaurisca o se, come diranno Platone e poi Plotino, il corpo è la guaina, l’immagine, l’illusione della vita stessa, inafferrabile e immateriale. Quando il corpo di Achille esce dall’agone della terra, la sua anima vagherà esangue e inconsistente in un regno buio e disperante.
I greci portano al culmine il mito del corpo, inteso come realtà di potenza, bellezza, amore, felicità, forza. I Bronzi di Riace, le statue di Fidia nel Partenone e tante altre celebrano questa centralità del corpo che fraintenderanno alcuni neoclassici e tutti i neopagani: nel corpo il greco celebra l’anima, per quanto le è dato di sopravvivere e splendere, prima della morte che conduce a un buio regno d’ombre, il dominio di Ade. Il corpo è la speranza in vita dell’anima. Omero lo rappresenta magnificamente quando contrappone l’anziano Odisseo ai giovani atleti dell’ospitale isola dei Feaci: i loro corpi sono giovani e splendidi, ma Ulisse li batte nelle gare sportive perché la sua anima ha disciplinato il corpo.Che quindi non è una realtà frivola ed effimera: lo spirito dell’atleta olimpico, quello che Pindaro celebra e che i Greci mettono in scena con l’invenzione delle Olimpiadi, non è solo un corpo bello e dotato, ma anche mosso da un’energia indomabile, eroica. Poi, dopo di loro, il resto della nostra storia. Il cristianesimo rivoluziona il destino della vita oltre la morte, ma non cancella il corpo, che è prova dell’Incarnazione (il dogma non detto della poesia) e che viene esaltato in Michelangelo nella sua fusione di gloria divina e bellezza greco fidiaca.
Whitman è il poeta che in un rigoglioso Ottocento americano scopre la compresenza di corpo e anima: «Io sono il poeta del corpo e dell’anima», esordisce in un verso leggendario. Differenti, ma inscindibili. Il corpo, contorto e sudato, diventa calmo e fresco, e io dormo, dormo a lungo. Quel sonno vive la manifestazione del corpo inattivo, rapito dall’anima. Whitman è ispirante: scrive le parole fratelli e sorelle: siamo legati, e non c’è caos o fine nella morte del corpo, ma unione con l’anima. Non solo individuale. Parole scolpite: vita eterna, felicità.