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Calcoli di celluloide

Matematici folli, affari, misteriosi delitti, verità nascoste: quanti numeri al cinema

​Ventiquattro è il numero del cinema o, almeno, lo è stato per lungo tempo. Corrisponde alla quantità di fotogrammi che si susseguono in un secondo, stabilendo un’unità di misura che le tecniche di ripresa digitale hanno fatalmente messo in discussione. Dagli analogici 24fps (è l’acronimo di “fotogrammi per secondo”, appunto) si è passati presto ai 30fps e, oggi come oggi, lo standard dei 60fps inizia a essere considerato più che raccomandabile. A proposito: in francese – che del cinema resta pur sempre la lingua madre – “digitale” si dice numérique, e con questo torniamo al punto. Al fatto, cioè, che il rapporto fra cinema e matematica si pone anzitutto in termini di tecnologie e di linguaggi, estendendosi poi all’ambito dei contenuti narrativi. Volendo giocare ancora un po’ con le parole, si potrebbe insistere sulla parentela strettissima che corre fra “contare” e “raccontare”, in una dimensione che vale per tutte le arti (la metrica in poesia, le battute in musica eccetera) e che assume nel cinema un significato ancora più impegnativo.Bene, ma allora come mai sul grande e sul piccolo schermo la matematica incute tanta soggezione? Per via della crisi finanziaria che ci ha portato a diffidare degli algoritmi preposti agli investimenti, forse? La risposta è troppo facile, e non solo perché anche in questo caso il cinema ha giocato d’anticipo. Recuperate, se vi capita, una curiosa produzione australiana diretta da Robert Connolly nel 2001, The Bank, e vedrete come già allora “il nemico pubblico numero 1” – così il sottotitolo italiano – fosse identificato proprio nell’economia senz’anima delle cifre che si alimentano da sole.
Spunto ripreso – più di recente e con maggior efficacia spettacolare – da Money Monster di Jodie Foster (2016), dove a scagionare la matematica dalle imputazioni che le vengono mosse provvedono due divi conclamati come George Clooney e Julia Roberts: i numeri, di per sé, non avrebbero colpe, a meritare la condanna sono semmai i faccendieri che li manipolano a piacimento per derubare gli ignari risparmiatori.
Che della matematica, e dei matematici, ci si possa perfino fidare lo sosteneva già una serie televisiva di discreto successo, Numb3rs, andata in onda tra il 2005 e il 2010 e incentrata sulle straordinarie doti di calcolo del giovane Charlie Eppes (l’attore David Krumholtz), al quale il fratello Don, agente dell’Fbi, si rivolge abitualmente per avere consulenza sui casi più complicati. Riconsiderata in prospettiva matematica, infatti, la realtà riesce a rivelare aspetti inattesi, a volte addirittura sconvolgenti. Basti pensare alla saga cinematografica di Matrix dei fratelli Wachowski (tre film fra il 1999 e il 2003), ambientata in un futuro sinistramente simile al nostro presente. O, meglio, al presente di quasi vent’anni fa. La realtà è stata ormai soppiantata da una simulazione gestita dalle macchine e il solo in grado di decodificare le stringhe di comando di cui si serve la famigerata Matrice è l’eletto Neo, l’eroe messianico impersonato da Keanu Reeves.
 
di Alessandro Zaccuri