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Antonello teologo di Maria

Nelle sue Vergini annunciate il pittore di Messina riesce a entrare come pochi nel mistero dell’Incarnazione

​Guglielmo Durante, nel Medioevo, affermava che «la pittura commuove gli animi più della scrittura»: vale a dire che un’immagine artistica riesce più di mille parole a impressionare l’attenzione, suscitando interesse sincero e, quindi, una reale disposizione a interrogarsi, a pensare, a conoscere, a ricordare. L’osservazione del grande canonista può stimolare ancor oggi i teologi: un dipinto, che sia vera opera d’arte, vale di certo come un “luogo teologico”, cioè come una sorta di documento in cui il teologo può reperire spunti utili per la sua riflessione.
Le due Annunciate di Antonello da Messina, quella custodita nella Alte Pinakothek di Monaco di Baviera e quella esposta nella Galleria regionale di Palazzo Abatellis a Palermo, entrambe dipinte su tavole di esigua dimensione (rispettivamente 42,5 x 33 cm e 45 x 34,5 cm), la prima presumibilmente nel 1473-1474 e la seconda nel 1476, sortiscono proprio l’effetto evocato da Guglielmo: riescono cioè a far comprendere appieno il significato dell’annuncio angelico a Maria di Nazareth e lasciano intuire il senso dell’incarnazione del Verbo divino. Perciò possono aiutare nell’elaborazione di una teologia dell’annuncio o – più precisamente – dall’annuncio, dato che questa consisterebbe in una teologia che prende le mosse dalla lezione di Antonello, a partire dalla sua stessa “teologia dipinta”.
Sotto un tal profilo, queste due opere d’arte possono essere considerate come una vera e propria esegesi della pagina evangelica di san Luca che contiene, appunto, il racconto dell’Annunciazione: un’esegesi, però, più efficace di quella elaborata da tanti studiosi della Bibbia, in quanto più immediatamente fruibile tramite la visione e l’ammirazione. Così, ciò che l’Annunciazione ci invita a sapere e ad accogliere, s’imprime nella nostra coscienza e si traduce in intima consapevolezza, grazie specialmente allo sguardo sereno e serenante della Annunciata dell’Abatellis, che ci interpella dolcemente. E, ancora, grazie al gesto umile della sua mano sinistra che richiude il velo azzurro sul suo petto e attorno al suo viso, quasi a rievocare l’imperscrutabile profondità del mistero che ormai dimora nel suo grembo materno. E, infine, grazie al cenno coraggioso della mano destra, con cui la Vergine sembra squarciare – una buona volta – il velo invisibile della nostra perplessità di disincantati spettatori tardo-moderni. L’Annunciata di Monaco, d’altra parte, raffigura Maria che ha finalmente accolto l’annuncio, accettandone le conseguenze e assecondandone le esigenze, incrociando perciò le braccia sul proprio seno, quasi ad abbracciare già in sé il Figlio.

di Massimo Naro