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Acque e ghiacci il mistero dell’origine

Da Ungaretti a Shelley a Goethe: così mari, laghi e nevi eterne hanno plasmato la poesia occidentale

Ole Jørgen Liodden, Living on thin ice

Ole Jørgen Liodden, Living on thin ice

​Il silenzio è all’origine, e ciò che è all’origine è nel cuore e nell’osso della poesia. Il verso del poeta è modulato sul silenzio, similmente all’opera compositiva ed esecutiva del musicista. Ma il silenzio ha senso, per il poeta, in quanto è all’origine e in quanto è origine di qualcosa che accade, prende forma, si muove, agisce, vive, confligge, resiste. Il verso nasce dal silenzio, quel silenzio che si muove dall’origine verso il suono: il primo tocco alla corda apre una nuova scena, l’uomo entra in azione. Sto parlando della poesia lirica, mossa dal suono della cetra che chiama la voce del poeta: umana, – poiché egli è indubitabilmente un uomo, vulnerabile  e mortale – ma anche transumana, perché con la sua voce il poeta comunica realtà che trascendono la pura vita terrena.
 
Orfeo fa piangere le piante, le rocce e le belve feroci, con la poesia che canta, e quando perderà l’amatissima Euridice, morsa da un serpente nel giorno stesso delle nozze, i suoi versi commuoveranno anche le cupe divinità del regno di Ade, che gli apriranno le porte consentendo per la prima volta a un vivente di accedervi. Per salvare Euridice, riportarla alla vita. Ma se Orfeo cantasse solo l’amore di Orfeo per Euridice, le sue parole non commuoverebbero. La poesia non crea solidarietà, comprensione: la poesia annichilisce la resistenza dell’io e fa tua la storia di un altro. Leggendo dell’albatro di Baudelaire o Coleridge, dell’uccello-mimo di Whitman, io sono Baudelaire, Coleridge, Whitman, io sono l’albatro e l’uomo che osserva l’albatro, io esco dalla mia vita personale, vivendola in una dimensione nuova, accesa, trasfigurata......
 
di Roberto Mussapi