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A Nomadelfia si abita il Vangelo

La storia della comunità, laboratorio di cristianesimo, e di don Zeno Saltini, il suo fondatore

​Andrea Fagioli
Le pietre su cui poggia la tomba di don Zeno Saltini sono il segno della fatica e del sacrificio che ci sono voluti per costruire, in terra di Maremma, la cittadella dove la fraternità è legge. Mentre i sassi colorati che la circondano dicono della gioia evangelica di chi riconosce al fondatore di aver contribuito alla civiltà dell’amore.
Qui, nella cappella del piccolo cimitero all’estremità dei terreni di Nomadelfia, dove la vallata si interrompe per lasciare di nuovo spazio alla collina, papa Francesco sosterà in preghiera il prossimo 10 maggio.
Don Zeno si è ricongiunto ai propri “figli” il 30 agosto del 2000, quando la salma, dal camposanto di Batignano dove riposava dal 1981, è stata traslata nel nuovo cimitero della comunità. Se fosse stato vivo, quel giorno avrebbe compiuto cent’anni: era nato a Fossoli di Carpi, in provincia di Modena, il 30 agosto del 1900. Il papa, uscendo dalla cappella, incontrerà anche la lapide che segna la sepoltura nella nuda terra di Irene Bertoni, la prima “mamma di vocazione”, cofondatrice di Nomadelfia, morta nel 2016.
«Cara Irene – le scriveva don Zeno nel 1957 –, la via del Cielo è una sola: Cristo. La verità è una sola: Cristo. La vita è una sola: Cristo. Questo è e deve essere il nostro miraggio sulla terra: seguire quella “via”; vivere quella “verità”; abbracciare solo quella “vita”. Da questa fondamentale meditazione è nata in me, in te e nei nomadelfi la nostra grande famiglia».
Attualmente la popolazione della cittadella, che vive come le prime comunità cristiane, è composta da poco più di trecento persone divise in sessanta famiglie. «Non pensate di essere pochi – ebbe a dire il fondatore –: voi sarete un popolo immenso! Se prendiamo una ghianda e la piantiamo nella terra, dopo quaranta, cinquanta o cent’anni avremo una grande quercia. Questa è Nomadelfia, e adesso è un seme».
«Ci ha buttato per aria la vita», dicono oggi i figli che lo hanno seguito e che cercano di trasmettere a tutti il «bisogno urgente di avviarsi, generosi e giusti» verso un «radicale cambiamento di rotta».
Don Zeno, di cui è in corso la causa di beatificazione, raccontava che «Nomadelfia, nel Cinquanta, lanciò un movimento di carattere sociale e politico: propose al popolo una solidarietà umana, indipendentemente dalla religione a cui apparteneva ogni persona. Non c’era una distinzione ideologica, ma solo un programma sociale, pratico».