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Un segno sempre al centro della vita

Il termine “duomo”, sebbene talora possa anche designare la chiesa principale di una città che non sia sede vescovile, è utilizzato generalmente come sinonimo di “cattedrale” per indicare la chiesa in cui è collocata la cattedra del vescovo. La parola deriva dal latino domus che vuol dire “casa”. Si tratta di un’etimologia particolarmente significativa che può essere considerata a partire da due prospettive complementari. Il duomo può essere inteso, infatti, come la casa di Dio, la sua dimora nella città degli uomini, e al contempo come la casa del suo popolo, ovvero della Chiesa radunata intorno al suo pastore.
Se è vero che la presenza di Dio non può essere legata a un luogo particolare (cfr. 1 Re 8,27), è anche vero che il popolo di Dio ha ben presto maturato il bisogno di edificare spazi in cui vivere i tempi dell’incontro con il suo Signore.
La presenza di Dio nel mondo si è manifestata in pienezza nell’Incarnazione e nella Pasqua del Figlio suo, Gesù Cristo. Quando i cristiani hanno edificato le loro chiese, hanno inteso realizzare uno spazio per celebrare la memoria viva di questa presenza, la quale trova il suo culmine nella sinassi eucaristica, e poi nella conservazione delle specie eucaristiche (cfr. Sacrosanctum Concilium 7). Ma, come afferma icasticamente Agostino in un discorso a proposito dell’edificio della chiesa: «Questa è la casa dove eleviamo le nostre preghiere: casa di Dio siamo noi stessi» (Sermo 336).
Certo, ogni chiesa è casa del popolo di Dio ma, nel caso del duomo inteso come cattedrale, l’espressione trova il suo significato più compiuto nella celebrazione della Chiesa radunata attorno al vescovo. Il duomo costituisce infatti il cuore della vita diocesana. Vi è collocata la cattedra, segno del ministero del vescovo nell’insegnamento, nella celebrazione e nel governo. È il centro liturgico della diocesi, dal quale s’irradia la missione della Chiesa. Nel duomo, il presbiterio si riunisce attorno al vescovo per essere confermato nella carità pastorale.
Al duomo si deve ascrivere un rapporto del tutto particolare con la città in cui è situato. A partire dal Medioevo, infatti, la struttura urbana, caratterizzata da una marcata connotazione spirituale, ebbe come fulcro le cattedrali. La costruzione e l’abbellimento del duomo comportavano spesso il riassetto urbanistico dell’abitato circostante, coinvolgevano normalmente numerose generazioni di maestranze, necessitavano di un continuo sforzo finanziario condiviso dalla cittadinanza, ed erano perciò espressione sia della fede cristiana profondamente radicata che del giusto orgoglio cittadino. Il duomo veniva a essere effettivamente la casa di tutto il popolo. Le sue dimensioni, spesso notevoli, erano pensate per accogliere l’intera cittadinanza, e vi si celebravano non soltanto eventi religiosi ma anche civili. Il caso di Firenze è particolarmente emblematico.
Oggi pare non essere più così: la città non converge più naturalmente verso la sua cattedrale, ma il rapporto del duomo con la città, dal punto di vista ecclesiale, permane significativo e può essere ricompreso secondo il paradigma della Chiesa in uscita delineato da papa Francesco nella Evangelii gaudium (nn. 20-24). Il duomo è il luogo da cui la Chiesa, riunita attorno al vescovo, può imparare a orientarsi verso la città degli uomini per una nuova e mai esaurita missione evangelizzatrice.
Vi è tuttavia, specialmente nelle grandi città d’arte come nel caso di Firenze, un nuovo e sempre crescente fenomeno di convergenza verso il duomo, costituito dal turismo di massa attratto dalla bellezza delle architetture e delle opere d’arte che vi sono custodite.
Il fenomeno non dovrebbe però essere temuto o vissuto con disagio da parte della Chiesa, quasi costituisse una sorta di espropriazione. Può, al contrario e se affrontato con intelligenza e strumenti adeguati, divenire un’occasione particolarmente felice per presentare, o far conoscere meglio, il Dio dei cristiani a chi forse non ne ha mai sentito parlare, o ne ha sentito parlare soltanto in maniera superficiale e inadeguata. Un compito non facile, ma che può divenire uno snodo importante dell’evangelizzazione. Così si tenta di fare in diversi luoghi, come a Firenze, così è auspicabile che si faccia sempre di più.