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Solo la gratuità sconfigge il dio mammona

​Luigino Bruni
La condizione naturale degli esseri umani non è l’ateismo né la fede nel Dio delle grandi religioni: l’uomo, naturalmente, è un costruttore e adoratore di idoli. L’idolatria è invincibile, perché noi esseri umani amiamo troppo costruire idoli. La radice dell’idolatria è la nostra tendenza radicale a trasformare il rapporto con la divinità in uno scambio economico e commerciale. Crediamo in un dio se e fino a quando ci conviene, se e fino a quando quella particolare divinità soddisfa al meglio i nostri bisogni; e cambiamo dio non appena pensiamo che un nuovo “dio” serva meglio i nostri interessi. Le esperienze idolatriche sono sempre esperienze di consumo reciproco: adoratori che costruiscono idoli per usarli a proprio vantaggio, e idoli che consumano i loro adoratori per nutrirsene. Quindi la dimensione economica è intrinseca a ogni idolatria, anche quando l’idolo non è direttamente di natura economica (denaro o vitello d’oro). Il rapporto resta economico-commerciale anche quando l’idolo è un pezzo di legno, un animale o quando lo chiamiamo YHWH (Yahweh) o Gesù: l’idolatria è interna alla religione, è la sua prima nevrosi.
Nella Bibbia i profeti sono molto severi con il denaro perché sono severissimi con gli idoli. Gesù riconosce al denaro la natura di sovrano (mammona), e lo mette in alternativa alla sovranità di Dio. Il denaro è uno degli idoli più potenti e popolari per la sua capacità di sedurre il cuore dell’uomo, presentandosi come salvatore universale che promette di appagare la nostra sete di sicurezza e il nostro bisogno di vita, e che, come tutti gli idoli, ci chiede tutto in cambio. Ma noi sappiamo che non sempre e non tutto il denaro è idolo. Erano denaro anche i due denari che il samaritano usò per associare l’albergatore alla sua prossimità. L’oro che gli Ebrei portarono con sé fuggendo dall’Egitto fu usato nel deserto prima per la realizzazione dell’Arca dell’alleanza e poi per forgiare il vitello d’oro. Lo stesso oro, le stesse mani, opposti segni. Ieri, e oggi. Oggi c’è chi accumula denaro per adorarlo, ma c’è anche chi lo usa per condividerlo, per donarlo, per comprare cibo per sé e per i figli, per salvare nuove vittime imbattutesi nei briganti lungo le strade che portano verso nuove Gerico.
Esiste poi un rapporto tra idoli e sistema bancario e finanziario. Nei culti idolatrici antichi e moderni, l’idolo una volta creato dai suoi costruttori-adoratori diventa anche un grande creditore verso gli uomini debitori. È titolare di un credito infinito, che può essere ridotto solo con offerte e sacrifici, ma mai estinto completamente. Gli adoratori fanno di tutto per ridurre quel debito originario, ma non ci riescono, e finiscono solo per aumentarlo. Chi entra in un rapporto idolatrico con il denaro e la ricchezza lavora soltanto e sempre più per servire il suo dio, che gli chiede sempre di più. Il lavoro non conosce più tempo libero e festa, perché gli idoli mangiano sempre, sette giorni su sette, ventiquattro ore al giorno. È lo shabbat (il sabato) la grande differenza tra il Dio biblico e gli idoli che non lo conoscono. E come accade in tutti i rapporti tra creditori e debitori con debiti troppo grandi e non rimborsabili, si arriva un giorno a desiderare la morte del proprio creditore. Gli idoli vengono uccisi quasi sempre per il peso insostenibile del debito che gli adoratori hanno maturato nei loro confronti. È in questo modo che la nostra civiltà ha decretato ed eseguito la «morte di Dio»: prima ne ha fatto un idolo, ha poi sentito il peso di un debito troppo grande, e infine ha ucciso il suo idolo manufatto pensando di uccidere Dio.
Non è difficile immaginare che il culto idolatrico del nostro tempo prima o poi finirà, perché i consumatori-adoratori lo “uccideranno”. E lo si farà in nome della gratuità, che è il grande tabù di ogni idolo. L’idolo non conosce che prezzi, commercio, interessi, debiti e crediti. L’idolo muore quando entra in contatto con la gratuità, con un adoratore convertito e liberato che non è più interessato ai vantaggi e ai guadagni del culto, e che inizia ad agire fuori dal calcolo costi-benefici.
Dove arriva la gratuità l’idolatria retrocede, anche nei mercati, nelle imprese e nella finanza.