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Quelle notti tra le stelle pensando l’Eterno

di Franco Malerba

«Quassù il giorno dura quarantacinque minuti e quarantacinque minuti la notte, si fa un giro della Terra in novanta minuti; l’Atlantico – dalla Florida al Marocco – richiede meno di quindici minuti; ecco il pennacchio di fumo dell’Etna, ma ora già ci lasciamo alle spalle il Mar Rosso e il Giordano. Nella fragilità della nostra navicella spaziale in orbita attorno alla Terra a quattrocento chilometri di quota non ci sfugge un senso di violazione dei nostri limiti terrestri, attorno a noi un mare troppo vasto e troppo ostile per nutrire una speranza facile di trovare presto altri mondi ospitali, di passeggiare su altri pianeti, di incontrare altre forme di vita».
Così annotavo, in un raro momento di tranquillità, volando in orbita allora. Tornato da quell’avventura mi venne spontaneo ripensare la grande fatica della conquista di quel luogo altissimo, da cui si gode una vista tutta speciale, come il raggiungimento di una vetta: un combinato di tecnica, impegno, allenamento, rischio calcolato e lavoro di squadra, come nella conquista di una montagna difficile.
«Quanto è grande lo spazio? Come si vedono le stelle di lassù?», mi ha scritto tempo fa una bambina incuriosita dai racconti degli astronauti. La deluderei forse, dicendole che il mio cammino orbitale è davvero soltanto un passettino, piccolo piccolo, rispetto alle distanze siderali. Il cielo si vede di lassù quasi come da terra, nel buio di una notte limpida, lontani dalle luci della città. Ma c’è una diversità: sopra l’atmosfera la luce che ci arriva dalle stelle è stabile, i contorni degli oggetti luminosi – stelle o pianeti – appaiono assolutamente nitidi, non c’è quello sfarfallio che ce li fa pensare “accesi”. Se la vastità del Cosmo incute soggezione, grande è l’emozione della Terra vista dallo spazio; dagli oblò del nostro Nautilus si abbraccia il pianeta con un solo sguardo, una grande sfera variopinta, luminosissima, che gira sotto di noi. Anche noi giriamo e mentre nel cielo cambia continuamente l’orientamento delle costellazioni, osserviamo sulla Terra nuove pagine dell’atlante, una dopo l’altra. Nella fase notturna risaltano le luci artificiali: sono le luci delle città. Se fossimo extraterrestri in arrivo da molto lontano, alla vista di quelle luci che disegnano il profilo delle coste dei continenti, sapremmo definitivamente che su quel pianeta pieno d’acqua c’è vita intelligente. Il tempo a bordo diventa una grandezza da misurare con l’orologio, non più sincronizzato con il ritmo solare… Già, il tempo. C’è un dato straordinario che l’astrofisica relativistica ci racconta: «il tempo è nato con l’origine del cosmo». Se è difficile immaginare un universo tridimensionale concentrato alla sua genesi in un granello di densità e temperature mostruosamente alte, che contiene tutto l’Universo attuale, sconvolge l’idea che anche il tempo sia una dimensione che comincia a esistere in quell’istante. Forse che il vivere nel tempo è soltanto una nostra certezza del vivere quotidiano? Così come i riferimenti spaziali “su e giù”, dettati dalla gravità terrestre, sono un riferimento relativo che perde significato per gli astronauti nello spazio. Per aumentare il mistero della genesi del cosmo, la meccanica di Einstein nell’istante iniziale va in tilt. Entra in gioco la meccanica quantistica e c’è il cosiddetto “muro di Planck” che non ci lascia vedere l’inizio. La nostra descrizione matematica ci avvicina al tempo “zero” fin quasi a sfiorarlo, ma l’attimo iniziale rimane irraggiungibile e quasi incomprensibile. Per Dio, che è prima e oltre il tempo, un istante vale secoli o forse vale l’eternità, non lo possiamo sapere.
La scienza ha aiutato l’uomo a liberarsi da molte paure, ha allungato la vita, ma non lo ha liberato dalla morte: resta viva e stringente la questione del “dopo”. Nonostante Darwin e il suo trasformismo, c’è una frontiera invalicabile di una chiarezza sorprendente tra le altre creature viventi e noi. Per questo mi conforta l’idea che ci sia qualcosa che sopravvive dopo che la polvere di stelle di cui siamo fatti ritorna nel Cosmo; ne troviamo il riflesso nella dimensione spirituale della persona umana, che è capace di generare l’arte immortale, la musica, la conoscenza, la scrittura, l’ordine, l’amore, la bellezza.