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Noi pellegrini lungo le antiche vie

​Non si cammina mai davvero per primi lungo un certo percorso ma, consapevoli o meno, si seguono sempre le orme di quanti ci hanno preceduto.
Per i figli della civiltà europea – e per noi italiani in particolare, eredi di quei Romani che “inventarono le strade” – è fatale subire il fascino dell’idea di ripercorrere le rotte maestre che solcano da oltre venti secoli il vecchio continente, itinerari che con la diffusione del Cristianesimo hanno assunto i tratti di veri e propri “viaggi sacri”.
Tre erano gli itinerari noti nel Medioevo come “pellegrinaggi maggiori”, ovvero i percorsi che conducevano alle città sante di Gerusalemme, Santiago di Compostela e Roma lungo i fasci viari mutuati da ciò che restava – parecchio, fortunatamente – della rete stradale concepita e posta in essere sotto l’autorità di consoli e imperatori. È lo stesso Dante a ricordare i nomi specifici di quanti si mettevano in viaggio lungo questi itinerari: «Chiamansi palmieri in quanto vanno oltremare, la onde molte volte recano la palma; chiamansi peregrini in quanto vanno a la casa di Galizia, però che la sepoltura di sa’ Iacopo fue più lontana della sua patria che d’alcuno altro apostolo; chiamansi romei quanti vanno a Roma».
Se il Cammino di Santiago, perlomeno nella sua porzione spagnola, è il più noto e battuto fra tutti gli itinerari a lunga percorrenza, e la Via Francigena diretta a Roma è al centro di una operazione di recupero che si protrae da un quindicennio e comincia a dare i primi frutti, il “Cammino d’oltremare”, attraverso l’Italia meridionale, è ancora largamente ignoto e riservato a pochi pionieri.
Ma quali sono i rituali quotidiani ai quali si sottopongono gli odierni emuli dei pellegrini medievali? Quanto somiglia un pellegrinaggio moderno all’esperienza originale? E quanto spazio resta per la dimensione spirituale?
Alla luce delle settimane trascorse con uno zaino in spalla lungo le vie dei tre “pellegrinaggi maggiori”, viene spontaneo disporli in ordine crescente di difficoltà: il più semplice è anche il più frequentato, ovvero il Cammino di Santiago (l’anno scorso oltre 275 mila persone sono arrivate alla meta percorrendo almeno cento chilometri a piedi). Lungo la Via Francigena, diretta a Roma, dieci anni fa si incontravano pochi segnali e ancor meno pellegrini, mentre oggi sono state realizzate virtuose varianti nel verde, l’accoglienza è assai più sviluppata e il numero di quanti si dirigono “ad limina Petri” a passo d’uomo è aumentato notevolmente (secondo le stime ufficiali, più trenta per cento negli ultimi dodici mesi). Il più complicato da seguire è la Via dei Palmieri rivolta al Levante, non foss’altro perché in Bassa Italia il sentiero è segnato solo a intermittenza, serve decidere come passare il mare e, una volta giunti in Terra Santa, ci si ritrova a stare sempre all’erta come può accadere in una zona dove il livello di conflittualità è assai diverso da quello cui siamo abituati in Italia.
Quale di questi scenari – l’addomesticato, il rustico, il pionieristico – si presta meglio a elevare lo spirito? La nostra idea è che, prendendo i giusti accorgimenti, tutti e tre siano più che adatti ad aprire una parentesi nella nostra vita urbana e social, perlopiù disertata dal senso del sacro. È quasi impossibile enumerare chiesette e pievi, cappelle ed edicole sacre che scandiscono la marcia, e anche lungo il percorso più trafficato ci si ritroverà prima o poi sprofondati in un’atmosfera incline alle cogitazioni sulle “cose ultime”, la vita, il divino e il ruolo di ciascuno nel mondo. Certo, per permettere alla nostra coscienza di viaggiare leggera, è bene sentirsi a proprio agio anche nel momento dello sforzo: chi teme di perdersi o viaggia in famiglia farà bene a scegliere Santiago, cercando di isolarsi dall’atmosfera di fiesta permanente di determinati ostelli. Chi è disposto a spendere qualcosa in più e sa leggere le mappe per conto proprio troverà ideale la Francigena, muta testimone dei fasti della fede medievale nel nostro Paese – resta impagabile arrivare dalle campagne e ritrovarsi sotto la facciata di San Michele a Lucca, in Piazza del Campo a Siena, al Palazzo dei Papi di Viterbo, infine a Roma –. Mentre la Via dei Palmieri è riservata a chi non ha temperamento ansioso, e riesce ad abbinare l’aerea ricerca dell’Assoluto a quella, letteralmente “terra terra”, della via giusta.
Tutti e tre i percorsi, in definitiva, si offrono a quanti vogliano accostarsi con cuore semplice – “chi va molto pellegrino, di rado diventa santo”, ammonivano i sapienti – a un’esperienza antica e fertile come quella di avvicinarsi un passo alla volta a una meta che idealmente coincide con una dimensione più alta; anche per questo, è un’esperienza che raccomanderemmo a tutte le istituzioni educative, a cominciare dalle scuole superiori. E se invece della solita gita scolastica, con gli studenti che sciamano in attesa dell’“ora libera”, quest’anno si andasse con i “prof” in pellegrinaggio?

di Enrico Brizzi