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Lo sguardo e la gloria

​Giovanni Gazzaneo
La bellezza è nello sguardo. Lo sguardo della madre per il suo bimbo. Lo sguardo dell’amata per l’amato. Vedere col cuore è cogliere una bellezza che altrimenti è preclusa, perché sempre oltre il puro apparire. La bellezza sa inabissarsi nel profondo, abita le radici del nostro stesso essere: è l’immagine divina di cui siamo fatti.
Lo sguardo sul mistero – in noi, e infinitamente oltre noi – è all’origine delle più grandi avventure della storia: la religione, l’arte, la filosofia. Fin dai suoi albori l’umanità ha voluto offrire la grande bellezza al divino mistero. Dai templi dell’antica Grecia alle cattedrali, la fede ha dato spazio e colore al sacro. E fin dalle catacombe l’Annuncio cristiano ha avuto bisogno non solo di essere detto ma di essere visto. In questo senso la fede genera bellezza, e lo fa in una duplice declinazione: la bellezza di pietra e di colore; la bellezza della santità. Un abbraccio di vita e arte, che assume con l’Incarnazione uno statuto di sacralità sconosciuto alle altre religioni, un canto ininterrotto per duemila anni che ha dato un volto santo alla storia e al paesaggio. Per Simone Weil: «In tutto quel che suscita in noi il sentimento puro e autentico del bello, c’è realmente la presenza di Dio. C’è come un’incarnazione di Dio nel mondo, di cui la bellezza è il segno. Il bello è la prova sperimentabile che l’incarnazione è possibile». La bellezza è dunque Presenza. «La presenza di Cristo – diceva l’artista americano William Congdon – non è più elemento a sé che redime il resto, ma ormai è assunto come “carne” e “forma” stessa dell’insieme: è il tutto… Dio ha concesso all’artista di dare nome, per via dell’immagine, al creato reso Persona, reso nome! Ciò che l’artista dipinge, allora non è più l’oggetto incontrato, ma è l’oggetto trasfigurato in Persona. Più io divento Persona (che vuol dire diventare cristiano, perché Cristo, immagine di Dio Persona, è il totalmente Persona) più è Persona l’immagine». Questa è la forza dell’arte cristiana: il mistero del legame indissolubile tra l’immagine sacra e la sua sorgente-Persona che tutto crea nel segno della bellezza. Questo mistero ci apre alla gioia dell’incontro, ci ferisce fino alle lacrime, ci fa toccare l’Infinito. È l’esperienza che fece a Costantinopoli la delegazione del principe Vladimir I di Kiev, narrata nella Cronaca dei tempi passati del 987: «Siamo stati dai Greci che ci condussero là dove rendono culto al loro Dio e non sapevamo più se eravamo in cielo o sulla terra perché sulla terra non vi è una tale bellezza». O quel che l’allora cardinale Joseph Ratzinger affermava nel 2002: «Resta per me un’esperienza indimenticabile il concerto di Bach diretto da Leonard Bernstein a Monaco di Baviera [...] Ero seduto accanto al vescovo evangelico Hanselmann. Quando l’ultima nota di una delle grandi Thomas-Kantor-Kanten si spense trionfalmente, volgemmo lo sguardo spontaneamente l’uno all’altro e altrettanto spontaneamente ci dicemmo: “Chi ha ascoltato questo, sa che la fede è vera”». E proseguiva: «In quella musica era percepibile una forza talmente straordinaria di realtà presente da rendersi conto, non più attraverso deduzioni, bensì attraverso l’urto del cuore che ciò non poteva avere origine dal nulla, ma poteva nascere solo grazie alla forza della verità che si attualizza nell’ispirazione del compositore. E la stessa cosa non è forse evidente quando ci lasciamo commuovere dall’icona della Trinità di Rublëv?».
Quando la bellezza perde la sua relazione con l’essere, non è solo la bellezza a scomparire ma, come affermava Hans Urs von Balthasar, «anche il bene perde la sua forza di attrazione, l’evidenza del suo dover essere adempiuto; e l’uomo resta perplesso di fronte ad esso e si chiede perché non deve preferire piuttosto il male».
La bellezza cristiana non è sogno, non è utopia, è contemplazione del volto del mistero di Cristo nella sua triplice dimensione: il volto dell’Incarnazione, la bellezza disarmante del Bambino di Betlemme; il volto della Passione e del Crocifisso, il Dio che muore perché ama sino alla fine; il volto del Risorto, la bellezza della Gloria e della vita nuova. La bellezza cristiana è questo abbraccio umanissimo e infinito insieme, dove nulla si perde e “tutto è grazia”.