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Il potere del sì

​Quando mi rivolgo a Maria di Nazareth, come tutti, cerco aiuto. Ricorro a Lei non solo come protezione da pericoli e calamità, ma come luce che indica il cammino, come conferma delle mie scelte, perché siano – come la sua – orientate all’obbiettivo di restare unita a Dio.
Insomma la vedo e la penso come Donna prima che Vergine, Madre e Sposa. Spinta dall’emergenza antropologica che caratterizza il mio tempo, cerco in lei la risposta alla domanda “virale”: com’è la donna? Donna Maria, così la chiama in pubblico suo figlio. Donna come Eva prima della scelta. Tutte e due uscite stupende dalle mani del Creatore, tutte e due poste di fronte a una scelta d’amore. Eva nel giardino di fronte all’albero, Maria nella sua casa di fronte a un angelo. Due “intermediari” latori del messaggio che Dio invia a ogni creatura: «mi vuoi»?
Se è vero che di Eva e della sua scelta siamo edotti dalla cruda realtà – per non poter sfuggire alla morte, al dolore, all’ingiustizia e tutta la sequela di guai terreni che Amleto elenca in tono poetico – a me sembra altrettanto vero che della scelta di Maria, che ci ha riaperto la possibilità originaria di essere uniti a Dio, non abbiamo la stessa evidenza.
Con il suo “sì” alla proposta di Dio, Maria conferma la struttura umana: è la donna come il Creatore l’ha pensata e voluta. Perfetta nell’umanità, non è sciupata dal peccato, ma è donna, non dea né angelo. E tuttavia nei secoli non ha aiutato una devozione che esaltandone la perfezione ha finito per allontanarla. Tota pulcrha, troppo bella: chi può essere come lei?
E invece il suo sì riafferma ciò che era al principio (cfr. Mt 19,8), riafferma la relazione tra Dio e la creatura che gli somiglia. Grazie a Maria ancora una volta è possibile – anche se tanto più difficile – quel modo di essere donna che era all’inizio in mente Dei.
Uno schema finora poco esplorato, che può essere particolarmente interessante in tempi nebbiosi sull’identità dell’essere umano femminile. La donna è il soggetto nuovo sulla scena del mondo, da quando ha conquistato una presenza di pari livello con l’uomo. In cerca di tracce per un suo identikit mi colpiscono due eventi recenti. A Pechino, nel 1995, la Conferenza Onu sulla donna trasmette e consacra un mandato nuovo, l’empowerment della donna. Magnifico, ma accessorio. Se mancano le misure e le forme della persona è come mettere un vestito di Dior su un manico di scopa. A dicembre 2016 il “National Geographic” esce con Maria in copertina e titola “La donna più potente del Mondo”. Interessante: il potere finora inteso come prerogativa ed espressione del maschile – e reclamato dalle donne come attitudine da clonare – viene riconosciuto, da una fonte estranea alla cultura mariana, in una donna che non corrisponde in nulla alle istanze affermate dal combattente femminismo.
Lei: sposa, madre e per di più vergine. Fedele per sempre. Presente ovunque sia necessario ma defilata. Iniziatrice di un metodo di indagine su persone ed eventi che produce conoscenze certe attraverso l’osservazione silenziosa e la gestione dei dati tra ragione e cuore. Forte senza contare sui muscoli, tanto da reggere in piedi il supplizio del figlio e tenere schiacciata a terra la testa del drago. Insomma non femminuccia ma diversamente forte e potente. Il suo potere non distrugge, “serve” sempre a vivere e a vivere bene.
Una leggenda devozionale? Un’illusione consolatoria consolidata nei secoli come un mito? Non proprio. I testimoni della sua vita raccontano episodi in cui è lei che comanda. Il viaggio – irrituale e pericoloso – dalla cugina Elisabetta: il marito acconsente. La richiesta al figlio di salvare la festa degli amici di Cana: Gesù acconsente. La capacità di organizzare il gruppo di donne – entusiaste ma disparate – che fornisce logistica a Gesù: il gruppo funziona. La maestosa forza aggregante con cui tiene unito un gruppo di uomini sconvolti e spauriti per lunghi giorni dopo la scomparsa di Gesù, fungendo da primo – non proclamato – capo della Chiesa.
Interessante, conviene pensarci, sarebbe bello capire e magari applicare la formula nuova di donna “ritrovata”.

di Marta Brancatisano