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Giovani, quel sorriso d'umanità vera

​Ci sono tanti modi di guardare alla Gmg. Uno è quello di tenersi negli occhi l’immagine di una spianata ripresa dall’elicottero: migliaia e migliaia di puntini colorati. Chi tiene questo punto di osservazione, di solito, si ferma a un’immagine superficiale e rischia di lasciarsi prendere da una domanda: ha ancora senso un raduno del genere, che ha il sapore di uno schieramento di forze?
Se (con un po’ di coraggio) si scendesse dall’elicottero e si provasse a passeggiare tra i ragazzi, allora si avrebbe più di una gradevole sorpresa.
L’entusiasmo dei giovani è molto contagioso: difficile vederli con il broncio. Anzi: è interessante notare che a loro basta essere vicini, gli uni accanto agli altri, per far fiorire un sorriso sulle labbra. A me questo fa pensare che la relazione è davvero uno degli aspetti più autentici dell’uomo e che quando i legami entrano in gioco, le persone tirano fuori da se stesse la parte migliore.
A qualcuno questo potrebbe sembrare troppo poco: un raduno di carattere religioso deve avere motivazioni più “forti”. Invece no: l’etimologia stessa di “religione” ha molto a che fare con il concetto di legame; e questo – oggi – è un nodo attualissimo e centrale.
Quando Giovanni Paolo II, più di trent’anni fa, inventò questa forma di incontro con i giovani del mondo lo fece dicendo esplicitamente che il raduno avviene attorno alla Croce di Cristo. Oggi tornare nella sua Polonia non può farci distogliere lo sguardo da questioni che (proprio nel cuore dell’Europa – quella Mitteleuropa alla quale poesia, pensiero e cultura contemporanea devono molto) si possono risolvere in tanti modi: da una chiusura senza appello a una apertura senza riserve ai fratelli poveri che bussano alle porte di un mondo, per loro, da autentico sogno.
Cosa significa guardare al fratello subito dopo aver legato lo sguardo e il cuore alla Croce di Cristo? Questa è la domanda vera che pone (oggi) la Giornata della mondiale della gioventù alla Chiesa intera; ed è la domanda della fede.
Perché se vogliamo, desideriamo, speriamo che i giovani leghino la propria esistenza alla vicenda di Gesù e al Vangelo, dobbiamo avere la coerenza di chiederci come la viviamo noi adulti; padri e madri chiamati a essere per loro i primi testimoni di fede.
Sarebbe uno spreco considerare la Gmg una “gabbia dorata” riservata ai giovani, perché c’è una circolarità interessantissima in quello spazio/tempo che sembra tutto dedicato ai giovani, mentre – in realtà – rimane una provocazione per tutti. Infatti, la loro capacità di creare empatia, l’entusiasmo nell’incontro fra persone che appartengono a lingue e culture diverse, il senso così profondo dell’affidamento e dell’amicizia sincera con il Signore e fra di loro, ci dicono che è ancora possibile un’umanità fraterna che nasce attorno alla Croce di Gesù. A patto che tutto questo diventi un impegno per tutti, nessuno escluso. Questa sarà una Giornata mondiale della gioventù che, pur ripartendo dalla terra del Papa che l’ha inventata (e quindi rimandando inevitabilmente al suo ricordo), avrà caratteri davvero nuovi e inediti.
È la prima vera Gmg di papa Francesco, con la prima vera generazione di nativi digitali e di giovani che riconoscono sempre meno la Chiesa nelle sue strutture e dichiarano sempre più la loro ammirazione per i testimoni credibili. Primo fra tutti proprio papa Francesco: agli occhi dei giovani l’autenticità non sfugge e con loro è difficile barare. Il legame di amicizia e stima reciproca fra il Papa e i giovani è assicurato.
Ma il compito dei cristiani è di tenere accesa la fiamma del Vangelo; questo può darsi nel mondo solo grazie a una comunità di uomini e donne che danno alla loro vita la forma che il Vangelo esige: una quotidiana fraternità che si esprime nel modo di vivere la città, la storia, la convivenza umana.
Se ci sta ancora a cuore la vita dei nostri figli e la presenza del Vangelo nel mondo, non possiamo lasciare che tutto questo sia un peso caricato sulle spalle di un uomo solo. La sua autenticità e il suo entusiasmo ci chiamano a condividere la fede di fronte a questi giovani e al mondo intero.

 
di Nunzio Galantino

Segretario generale della Conferenza Episcopale Italiana