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Tra tutte le "rinascenze" dell’Occidente europeo, la più celebrata, la più importante è quella che ha inizio nel Quattrocento e che porta a fioritura esplosiva la dimensione umanistica del secolo precedente. Nelle corti, nei monasteri e nelle città l’Italia diede il passo all’intera Europa, segnando un confine temporale tra i più stabili nella storiografia artistica, che rese stagione di mezzo il lungo millennio precedente.
 
L’arte rinascimentale emerse nel prepotente protagonismo di personalità che costituirono per i contemporanei riferimento imprescindibile, non per ragioni solo d’arte. Un novus ordo, nel pensiero e nelle pratiche di vita, prese consistenza. Noi chiamiamo moderni gli uomini forgiati in quella temperie; essi tuttavia allora non condividevano il senso che oggi si dà al termine, poiché tali, e barbari, erano ritenuti gli artisti della stagione medievale. Miravano piuttosto alla riscoperta, alla rinascita, alla reinvenzione dell’antichità greco-romana, tra consapevolezza di storicità e mitizzazione del passato. Il moto impetuoso iniziato con Brunelleschi, Alberti, Donatello, Masaccio, Beato Angelico, Paolo Uccello e molti altri, l’appassionata ma razionale adesione alla realtà del mondo e alla concretezza di cose e uomini, alimentata da visioni prospettiche e studi anatomici, quel moto non si fissò in statico splendore. Si propagò immediatamente attraverso importazioni, reciprocità, circolazione di influssi tra Nord e Sud Europa. Si modulò sul variare dei gusti, delle situazioni politiche, degli orientamenti religiosi, del temperamento e delle capacità delle singole personalità. Diede luogo a un’avventura espressiva alimentata dall’ammirazione per l’uomo, centro del cosmo e protagonista della storia. Quel moto fu l’inizio di un’avventura che si complicò nel tempo, portando i suoi protagonisti lontano dal senso dell’esistenza che i primi rinascimentali avevano ereditato dal Medioevo cristiano, dal senso religioso che ne aveva irrorato l’entusiasmo per i nuovi mezzi e per la scoperta delle proprie radici.
 
Di questa lunga stagione noi siamo eredi, non tuttavia nel senso di una lineare continuità. Da quasi un secolo ormai si è consapevoli di vivere in un’epoca nuova alla quale non si sa dare un nome proprio; la si chiama un po’ banalmente post-modernità, se ne rintracciano le tragiche premesse nelle due terribili guerre mondiali, che hanno scosso alla radice le convinzioni moderne. Il primo Rinascimento è stata un’alba incompiuta, ha affermato Henri de Lubac, facendo eco a Pico della Mirandola: è nostro compito ritrovare quel primo albore e riprendere il passo, a partire ancora una volta dalla centralità dell’uomo, creatura di Dio in costante e grato dialogo con Lui.
 
di Maria A. Crippa